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Search and Rescue Woods è una creepypasta originale scritta da Kerry Hammond, qui il link alla storia originale!

Il racconto è stato tradotto dagli amici di Horror Italia sull'applicazione Amino (Slendy, Saroyan & Bad Wolf).

 
 
 

Capitolo 1[]

Non ero sicura sul dove postare queste storie, perciò ho pensato di farlo qui. Sono un’agente SAR da un bel po’ d’anni ormai, e ne ho viste di cose che penso potrebbero interessarvi.


• Sono abbastanza brava a ritrovare le persone. La maggior parte delle volte s’incamminano fuori dai sentieri o cadono in piccoli dirupi, senza riuscire a tornare indietro. Molti conoscono la regola del “resta dove sei" e non si allontanano di troppo. Ma ho avuto due casi in cui ciò non è successo. Entrambi mi hanno turbata molto, e li uso per motivarmi ancor di più nelle operazioni in cui vengo chiamata. Il primo riguarda un bambino che stava raccogliendo bacche con i suoi genitori. Lui e sua sorella erano assieme quando sono scomparsi, più o meno nello stesso momento. Apparentemente si sono allontanati in quel piccolo lasso di tempo nel quale i loro genitori li hanno persi di vista.

Non riuscendoli a trovare, hanno chiamato noi, così arrivammo per perlustrare l’area. Ritrovammo la figlia abbastanza velocemente, e quando le chiedemmo dove si trovasse suo fratello, lei rispose che era stato portato via dallo “uomo orso”. Disse che costui le diede delle bacche e la intimò di rimanere in silenzio così da poter giocare con suo fratello per un po’. L’ultima volta che vide quest’ultimo, si trovava sopra le spalle dello “uomo orso” e sembrava calmo. Ovviamente, la nostra prima ipotesi fu il rapimento, ma non trovammo alcuna prova nella zona.

La bambina inoltre insisteva nel dire che non era una persona normale, ma che fosse alto e coperto di peli, “come un orso", e che avesse una “faccia strana”. Abbiamo cercato in quell’area per settimane, è stata una delle missioni più lunghe a cui sia mai stata, ma non trovammo una singola traccia di quel ragazzino. L’altro caso invece riguardava una ragazza che stava escursionando con sua madre e suo nonno. A detta della donna, sua figlia aveva scalato un albero per avere una migliore visuale della foresta, ma non tornò più giù. Hanno aspettato alla base della pianta per tre ore, chiamandola ripetutamente prima di chiedere aiuto. Di nuovo, abbiamo cercato dappertutto ma senza trovare niente. Non ho idea di dove possa essere andata, perché né sua madre né suo nonno l’hanno vista scendere.


• Alcune volte sono stata mandata in missione cinofila, e praticamente sempre mi hanno condotta ai bordi di un dirupo. Non colline e nemmeno pareti rocciose. Semplici dirupi a strapiombo senza nemmeno l’ombra di un appiglio. È sempre sconcertante, soprattutto perché in questi casi ritroviamo la persona o sull’altra sponda o a miglia di distanza dalla pista fiutata dai cani. Sono sicura ci sia una spiegazione, ma è comunque strano.


• Un caso particolarmente triste riguardò il ritrovamento di un corpo. Una bambina di nove anni cadde in un argine rimanendo impalata su un vecchio albero secco. Fu un terribile incidente, e non mi scorderò mai la reazione della madre quando le raccontammo cosa fosse successo. Assistette al carico del sacco mortuario sull'ambulanza, e lanciò l'urlo più straziante e perseguitante che abbia mai sentito. Fu come se tutta la sua vita stesse crollando intorno a lei. Una parte sé morì assieme alla figlia. Un altro agente SAR mi raccontò poi che si tolse la vita dopo qualche settimana dall’accaduto. Non poteva sopportare la perdita di sua figlia.


• Ero in squadra con un altro agente SAR, perché avevamo ricevuto segnalazioni sulla presenza di orsi nell’area. Stavamo cercando un uomo che non era ritornato dalla sua escursione, e alla fine dovemmo farci una bella scalata per arrivare nel punto in cui pensammo si trovasse. Lo ritrovammo intrappolato in un crepaccio con una gamba rotta. Non è stato un bello spettacolo. Era rimasto lì per quasi due giorni e la sua gamba si era ovviamente infettata. Fummo in grado di metterlo dentro un elicottero, e ho sentito da un tizio dell’EMT che il tipo era assolutamente inconsolabile. Continuava a raccontare di come stesse andando tutto bene, fino a quando non salì in cima e vide che c’era un altro uomo. Notò che non aveva l’attrezzatura d’arrampicata e che indossava un parka con dei pantaloni da sci. Gli si avvicinò, ma al voltarsi di lui, vide che non aveva la faccia. Era semplicemente vuota. Comprensibilmente spaventato, cercò di scendere velocemente dalla montagna, che lo portò a cadere. Inoltre, raccontò di averlo sentito per tutta la notte, mentre scendeva dalla montagna urlando soffocantemente. Questa storia mi turbó tantissimo. Sono felice di non essere stata lì per sentirlo.


• Una delle cose più spaventose che mi siano mai successe riguarda un’escursionista che si era accidentalmente separata dal suo gruppo. L’abbiamo cercata fino a notte fonda, perché i cani avevano rintracciato il suo odore. Quando l’abbiamo trovata era rannicchiata sotto un grande ceppo marcio. Zaino e scarpe erano spariti, ed era chiaramente sotto shock. Non aveva alcuna ferita e siamo stati in grado di farla camminare con noi per andare al Centro Operativo. Lungo la strada, continuava a voltarsi e a chiederci perché “quell’uomo con gli occhi neri" ci stesse seguendo. Non vedemmo nessuno, perciò pensammo fosse qualche strano sintomo del trauma. Ma più ci avvicinavamo alla base, più la donna diventava agitata. Ripeteva che le “faceva delle smorfie”, e mi pregava di farlo smettere. Ad un certo punto si fermò e prese ad urlare verso la foresta, gridando che voleva che la lasciasse in pace. Diceva che non sarebbe andata con lui e che non ci avrebbe consegnati. Siamo riusciti a farla proseguire, ma poi anche noi abbiamo iniziato a sentire degli strani rumori tutt’intorno. Assomigliavano a dei colpi di tosse, ma più ritmici e profondi.

Sembravano quasi dei versi di un insetto, non saprei in che altro modo descriverli. Quando fummo vicini al Centro, la donna si girò verso di me, i suoi occhi erano sbarrati in un modo quasi disumano. Mi toccò la spalla e disse: <Lui vuole che tu ti sbrighi. Non gli piace fissare quella tua cicatrice sul collo>. Ho una piccolissima cicatrice sulla nuca, ma è maggiormente coperta dal colletto, e non ho idea di come l’abbia vista. In quel momento sentii ancora quella strana tosse vicino al mio orecchio e sono saltata in aria. L’ho accompagnata dove dovevo, cercando di nascondere quanto fossi spaventata, ma devo dire che fui molto felice quando lasciammo l’area quella notte.


• Questa è l’ultima che racconterò per oggi, ed è probabilmente la storia più strana che ho in serbo. Ora, non so se succede in ogni unità SAR, ma nella mia è una sorta di tacita stranezza nella quale ci imbattiamo. Potete provare a chiedere agli altri agenti, ma anche se ne sapessero qualcosa, probabilmente non direbbero niente. Ci è stato ordinato dai nostri superiori di non parlarne, ed ormai ci siamo così abituati che non sembra più nemmeno strano. Ogni volta che ci addentriamo nel fitto della foresta per un’operazione, sto parlando di circa 30 o 40 miglia, ad un certo punto troviamo delle scale in mezzo al bosco. Immaginate di prendere quelle di casa vostra, tagliarle e metterle in mezzo alla foresta. La prima volta che le vidi chiesi informazioni ad un altro agente SAR, che mi rispose di non preoccuparmi, che era normale. Chiunque altro a cui abbia chiesto mi ha liquidato nella stessa maniera. Volevo controllarle da vicino, ma mi è stato detto, molto enfaticamente, che non mi ci devo mai avvicinare. Ormai ogni volta che le incontro, succedendo spesso, tendo ad ignorarle.


Conosco moltissime altre storie, e se qualcuno è interessato, domani ne racconterò altre. Se avete qualche teoria sulle scale, o se le avete viste anche voi, fatemelo sapere.

Capitolo 2[]

Stasera, riconnettendomi, sono rimasta sbalordita dall'incredibile quantità di interesse che queste storie hanno suscitato. Per prima cosa però, vorrei discutere alcuni argomenti che avete portato avanti:


• Un sacco di gente ha menzionato una certa somiglianza tra le mie storie e quelle di David Paulides. Vi assicuro che non sto cercando di copiarlo in nessun modo, non ho altro che rispetto nei suoi confronti. Anzi, in verità mi ha ispirato lui a scrivere questi blog, perché posso confermare molte delle cose di cui parla. Anche noi abbiamo molti bizzarri casi di persone scomparse, e la maggior parte delle volte non vengono risolti. Oppure le ritroviamo in posti dove non potrebbero essere. Personalmente, non ho molta esperienza con queste particolari operazioni, ma condividerò con voi quel che ho visto ed anche una confidenza che mi è stata raccontata da un mio amico.


• Ho ricevuto un gran numero di feedback riguardo le scale, quindi colgo l’occasione per approfondire brevemente l’argomento e raccontarvi una storia. Esse possono essere di diverse forme, dimensioni, stili e condizioni. Alcune sono abbastanza fatiscenti, dei ruderi, ma altre sono nuove di zecca. Ne ho vista una che sembrava provenire da un faro: era a chiocciola e di metallo, quasi vecchio stile. Non salgono all’infinito o più lontano di quanto si possa vedere, ma alcune sono più alte di altre. Come dissi prima, pensate alle scale di casa vostra, come se qualcuno le copia-incollasse nel mezzo del nulla. Non ho nessuna foto, non ho mai pensato di farlo dopo il primo incontro, e non me la sento di rischiare il mio lavoro per questo. Potrei riprovarci, ma non prometto niente.


• Alcune persone sono rimaste confuse dalla vicenda dell’uomo che ha avuto un incontro ravvicinato col senza-faccia. Giusto per chiarire, quando lo scalatore è salito sulla vetta della montagna, lì ha visto un’altra persona con il parka ed i pantaloni da sci. Quello era l’uomo senza volto. Scusate per la confusione di parole, cercherò di evitarla la prossima volta.


Comunque, proseguiamo ora con le nuove storie:

• Posso dire con certezza che la metà delle mie missioni riguarda casi di persone scomparse. Le altre sono di salvataggio; gente che cade dai dirupi e si fa male, che si brucia col fuoco (non potete immaginare quante volte accada, specialmente da parte di cretini ubriachi), che viene morsa o punta da animali o da insetti. Siamo una squadra molto affiatata ed abbiamo veterani che sono bravissimi a cercare indizi. Ed è molto frustrante quando non riusciamo a trovare niente. Un caso in particolare ci fece innervosire, perché avevamo trovato delle tracce, ma ci hanno portato solo ad ulteriori domande. Un uomo anziano stava facendo un'escursione da solo su un sentiero ben conosciuto, ma sua moglie ci ha chiamato per dire che non era tornato quando sarebbe dovuto. A quanto pare soffriva di convulsioni ed era preoccupata al pensiero che non avesse preso le sue medicine e che si fosse sentito male durante la camminata. Prima che me lo chiediate, non ho la minima idea del perché lui abbia ritenuto fosse una buona idea andarci da solo o del perché lei non l’abbia accompagnato. Non chiedo di queste cose perché, dopo una certa, non hanno più importanza.

Qualcuno è scomparso, ed è mio dovere ritrovarlo. Abbiamo adottato la formazione di ricerca standard, e non passò molto prima che un nostro veterano trovasse delle tracce a riprova che l’uomo fosse uscito dal sentiero. Ci raggrupammo e lo seguimmo, sparpagliandoci per occupare più terreno possibile. All’improvviso, una chiamata dalla radio ci ordinò di dirigerci verso la postazione dei veterani, e ci andammo subito perché di solito è sinonimo di persona ferita, e che serve una squadra intera per soccorrerla. Una volta arrivati, vedemmo il caposquadra di fronte ad un albero con le mani sulla testa. Chiesi cosa stesse succedendo, e lui mi indicò i rami.

Non credevo ai miei occhi, ma c’era un bastone da passeggio penzolante a nove metri da terra come minimo. La cinghietta del manico era aggrovigliata tra le fronde ed oscillava. Non c’era modo che l’avesse lanciato fin laggiù, e non trovammo alcun segno che provasse la sua presenza nell’area. Provammo a vedere se stesse sull’albero, ma ovviamente non c'era nessuno. Siamo rimasti lì a grattarci la testa. Continuammo a cercarlo, ma non fu mai ritrovato. Abbiamo anche usato i cani, ma persero il suo odore prima ancora di arrivare all’albero. Ad ogni modo, la ricerca venne sospesa, perché c’erano altre operazioni a cui dovevamo partecipare, e dopo una certa non c’era molto che potessimo fare. Sua moglie ci chiamò ogni giorno per mesi, chiedendoci se avessimo trovato suo marito, ed era straziante sentirla diventare sempre meno speranzosa. Non sono sicura del perché questa chiamata in particolare fu così snervante, forse a causa della sua improbabilità. O anche per via delle domande senza risposta. Come diamine è finito là il suo bastone? Qualcuno l’ha ucciso e lo ha appeso lì sopra come una sorta di trofeo? Abbiamo fatto il nostro meglio per trovarlo, ma sembrava come una provocazione. Certe volte ne parliamo ancora.


• Quando sono i bambini a sparire, è sempre più straziante. Non importano le circostanze in cui scompaiono, non è mai facile, e abbiamo sempre il terrore di trovarli morti. Non accade sempre, ma succede. David Paulides parla spesso di quelli che vengono trovati dai team SAR in posti in cui non dovrebbero né potrebbero essere. Fortunatamente ho avuto meno esperienze del genere di quante ne abbia sentite, ma vi racconterò una storia alla quale mi capita spesso di pensare e che ho vissuto personalmente. Una madre e i suoi tre figli andarono a fare un picnic in una zona del parco vicino un piccolo laghetto. Hanno rispettivamente sei, cinque e tre anni. Lei li stava sorvegliando molto attentamente, e a suo dire, non li ha mai persi di vista. Non ha nemmeno notato altre persone nell’area, il che è importante. Poi, arrivata una cert’ora, iniziò ad impacchettare le loro cose per tornare verso il parcheggio.

Ora, questo lago è immerso due chilometri dentro il bosco, e si trova in un sentiero ben stabilito. È quasi impossibile perdercisi andandoci dal parcheggio, a meno che non te ne vai deliberatamente fuori strada come un imbecille. I suoi figli stavano camminando davanti a lei, fino a quando non sentì qualcosa arrivarle da dietro. Si girò, e in quella manciata di secondi il bambino di cinque anni scomparve. Lei pensò si fosse allontanato per fare pipì o qualcosa del genere, così chiese agli altri due dove fosse andato. Entrambi risposero che “un grande uomo dalla faccia paurosa” fosse uscito dal bosco accanto a loro, e prendendolo per le mani se lo fosse portato via tra gli alberi. I due ragazzini rimanenti non sembravano sconvolti, anzi lei disse che davano quasi l’impressione d’essere stati drogati.

Erano come storditi e confusi. Ovviamente, lei diede di matto e lo cercò freneticamente nell’area adiacente. Lo chiamò per nome e disse anche che ad un certo punto pensò che le avesse risposto. Ovviamente non poteva correre alla cieca nel bosco, doveva badare agli altri due figli, perciò chiamò la polizia che ci mandò lì immediatamente. Noi arrivammo e iniziammo la ricerca. Ma per tutta l’operazione, che era estesa per miglia, non trovammo alcuna traccia. I cani non riuscirono a rintracciare il suo odore, non rinvenimmo nessun indumento perso o rami spezzati o niente che potesse provare il passaggio di un ragazzino per di là. Ovviamente ci fu qualche sospetto nei confronti della madre, ma era evidente fosse distrutta dall’accaduto. L’abbiamo cercato per settimane, anche con l’aiuto di alcuni volontari.

Alla fine, la ricerca fu sospesa, e fummo richiamati. I volontari continuarono a cercare lo stesso, ed un giorno arrivò una chiamata dalla radio facendoci sapere che era stato trovato un corpo da dover recuperare. Ci dissero il posto, e nessuno di noi poté crederci. Pensammo fosse un bambino diverso. Ma una volta arrivati lì, a quindici chilometri dal luogo della sparizione, come da copione, trovammo il cadavere del bambino che abbiamo a lungo cercato.

Fin dal ritrovamento mi arrovellai per capire come avesse fatto ad arrivare laggiù, ma non ho ancora trovato una risposta. Un volontario si trovava casualmente nell’area, pensando di cercare in quei posti dove nessuno guarderebbe, nella possibilità che il corpo fosse stato scaricato altrove. Stava scalando un alto pendio roccioso, quando arrivato a metà vide qualcosa. Guardò attraverso il suo binocolo e, come fu prevedibile, si trattava del corpo di un ragazzino, infilato in una piccola apertura nella roccia. Riconobbe la maglia e capì si trattasse della persona da lui cercata.

Così fece rapporto, e ci mandarono lì. Ci mettemmo quasi un’ora per portarlo giù, e nessuno di noi potè crederci. Non solo il ragazzino si trovava a quindici miglia da dove era prima, ma non era possibile che fosse salito lassù da solo. Quel pendio è subdolo, ed è difficile scalarlo anche per noi con tutto che usiamo gli attrezzi d’arrampicata. Non c’è modo che un bambino di quell’età possa essere arrivato lì, e di questo ne sono certa. E non è finita qui, ma il ragazzino non aveva nemmeno un graffio. Le sue scarpe erano sparite, ma i suoi piedi non erano né feriti né sporchi. Quindi non è possibile sia stata opera di un animale. E da quel che potemmo dedurre, non era morto da tanto. Stava lì fuori da un mese, ma sembrava che fosse deceduto da massimo uno o due giorni.

Tutta la questione fu incredibilmente strana, ed è certamente una delle missioni più sconcertanti a cui abbia partecipato. Dopo un po’ di tempo scoprimmo che per il medico legale la causa del decesso fu l’esposizione. È morto di freddo, probabilmente a tarda notte, due giorni prima che lo trovassimo. Non ci furono sospetti, e nemmeno risposte. Finora, è stata una delle cose più peculiari che abbia mai visto.


• Uno dei miei primi lavori da novizia fu la ricerca di un bambino di quattro anni che si era separato da sua madre. Questa volta sapevamo che l’avremmo trovato perché i cani avevano fiutato una forte pista, ed avevamo raccolto degli indizi a riprova che si trovasse ancora nell’area. Alla fine, lo recuperammo in un rovo lontano circa mezzo miglio da dove era stato avvistato l'ultima volta. Non si era nemmeno accorto di essersi allontanato così tanto.

Uno dei veterani lo riaccompagnò, e ne fui sollevata vista la mia poca dimestichezza coi bambini, trovando difficile parlargli e tenergli compagnia. Mentre io e la mia istruttrice tornavamo indietro, decise di fare una deviazione per portarmi in uno dei punti in cui tendiamo a ritrovare la gente. È un avvallamento naturale vicino ad un sentiero famoso, e la gente tende a scenderci essendo più semplice. Ci incamminammo, era lontano qualche chilometro, ed arrivammo dopo circa un’ora. Per la via, mentre lei mi mostrava i punti in cui aveva ritrovato delle persone, notai qualcosa in lontananza. Ora, quest’area dista otto chilometri dal parcheggio principale, sebbene ci siano delle strade secondarie tramite cui arrivarci se non si vuole camminare per così a lungo.

Ma ci trovavamo in un’area protetta, che significa che non ci sono sviluppi commerciali o residenziali. Al massimo potreste vedere una torre di avvistamento o un rifugio improvvisato dove i senzatetto pensano di farla franca. Ma da lì potevo vedere per bene che qualunque cosa fosse aveva dei bordi lisci, e se c’è una cosa che impari velocemente, è che la natura raramente ragiona in termini di linee rette.

Glielo feci notare, ma lei non disse niente. Si fece da parte e mi lasciò andare a controllare. Arrivai a circa sei metri, e mi venne la pelle d’oca. Erano delle scalinate. Nel mezzo della fottutissima foresta. In un contesto appropriato, poteva essere la cosa più innocua del mondo. Erano solo delle normalissime scale, con la moquette beige ed alte circa dieci gradini. Ma invece che essere in una casa, erano qua fuori in mezzo al bosco.

Ai lati non erano tappezzate, ovviamente, e si poteva vedere il legno di cui erano fatte. Era come un glitch di un videogioco, dove la casa non si è caricata completamente e l'unica cosa visibile sono le scale. Me ne stavo ferma lì, ed era come se il mio cervello cercasse duramente di trovare un senso a quello che stavo vedendo. La mia istruttrice mi raggiunse e stette lì con disinvoltura, guardandole come se fossero la cosa meno interessante del mondo. Quando le chiesi cosa cazzo ci stessero facendo quelle scale lì, lei ridacchiò. <Abituatici, novellina. Ne vedrai tante di queste>. Mentre parlava, mi avvicinai, ma lei mi afferrò il braccio. Di forza. <Io non lo farei> disse. La sua voce era disinvolta, ma la sua presa era stretta. <Te le ritroverai sempre trai piedi, ma non avvicinarti. Non toccarle, non scalarle. Semplicemente ignorale>.

Iniziai a tempestarla di domande, ma qualcosa nel modo in cui mi fissava mi disse che era meglio se la smettessi. Dopo un po’, ce ne siamo andate, ed il discorso non venne più fuori per il resto del mio addestramento. Aveva ragione però. Direi che ogni cinque missioni alle quali partecipo, finisco sempre col trovare delle scale. Certe volte sono abbastanza vicine al sentiero, forse due o tre miglia lontane. Altre invece possono essere a venti o trenta chilometri nel fitto della foresta, letteralmente in mezzo al nulla, e le trovo solamente durante le ricerche più ampie o negli allenamenti finesettimanali. La maggior parte delle volte sono in buone condizioni, ma altre sembrano che siano state lì fuori per parecchio tempo. Tutte di tipi e misure differenti. Le più grandi che abbia visto sembravano uscite da una casa d’inizio secolo, ed erano larghe almeno tre metri, con i gradini che arrivano fino a cinque o sei. Ho cercato di parlarne con altre persone, ma mi davano tutti la stessa risposta della mia istruttrice. “È normale. Non ti preoccupare, non sono niente di che, ma non andarci vicino e non salirci”. Quando le reclute mi chiedono informazioni, gli do la stessa risposta. Non so che altro dirgli. Spero un giorno di ricevere una spiegazione migliore, ma non è ancora successo.


• Un altro caso, che fu più triste che spaventoso, riguardò un uomo che scomparve in inverno inoltrato, quando è molto sconsigliato addentrarsi troppo nei sentieri. Ne avevamo già chiusi tanti, ma alcuni rimangono aperti per tutto l’anno, a meno che non nevichi davvero troppo. L’abbiamo cercato, ma c’erano ben due metri di neve (fu un anno dalle insolite condizioni meteo), e sapevamo che era improbabile trovarlo prima della primavera, quando il calore la scioglie. Infatti, dopo il primo disgelo, un escursionista segnalò l’avvistamento di un corpo poco fuori il sentiero principale. Stava alla base di un albero, in una pila di nevischio. Capii subito cosa fosse successo, e mi scombussolò parecchio. La maggior parte di voi che fa sci o snowboard, o passa un po’ di tempo in montagna, avrà già capito. Quando la neve cade, non si addensa nello spazio sotto i rami. Succede soprattutto con gli abeti, data la loro forma ad ombrello chiuso.

In pratica si ottiene alla base della pianta una mistura di neve sciolta e farinosa, aria e rami. Si chiamano “tree wells”, e non sono immediatamente riconoscibili se non si è preparati. Avevamo appeso dei cartelli nel centro accoglienza, enormi, per informare la gente su quanto siano pericolosi, ma ogni anno in cui abbiamo un’insolita quantità di neve, almeno una persona non li legge o non li prende sul serio, e ne abbiamo conferma verso primavera. La mia ipotesi è che quest’uomo stava facendo un’escursione e si è stancato, o magari ha avuto un crampo a forza di camminare sulla neve profonda. Così andò a sedersi alla base dell’albero, non sapendo ci fosse un “tree well”, cascandoci dentro.

È rimasto incastrato con i piedi all’aria, mentre la neve circostante è crollata su di lui. Non fu in grado di liberarsi, e morì soffocato dalla neve. Succede solitamente quando ce n’è davvero tanta, ma se rimani invischiato in una strana posizione, come questa persona, allora anche un paio di metri possono essere fatali. Mi spaventò a morte immaginare quanto abbia lottato inutilmente. Capovolto, in un freddo gelido, non è morto velocemente. La neve avrà formato una densa e pesante pila sopra di lui, dalla quale sarebbe stato impossibile uscire. Appena iniziò ad essere difficile respirare, avrà probabilmente realizzato il suo fato. Non posso neanche immaginare a cosa stesse pensando durante i suoi ultimi istanti.


• Molti dei miei amici meno avventurosi vorrebbero sapere se abbia mai visto il “Goatman” durante una missione. Sfortunatamente, o fortunatamente penso, non mi è mai successo. Credo che la cosa più vicina che abbia sperimentato fosse “l'uomo con gli occhi neri”, ma non l’ho propriamente visto. Ci fu però un’operazione dove mi capitò qualcosa di simile, ma dubito sia il caso di attribuirlo allo “Uomo Capra”. Avevamo ricevuto una segnalazione secondo la quale una vecchia signora era svenuta lungo un sentiero ed aveva bisogno di essere portata nell’area principale. Ci dirigemmo da lei, e suo marito era fuori di sé. Iniziò a correre, beh, più che altro fece una corsetta, verso di noi, e ci raccontò che si trovava leggermente fuori sentiero per osservare qualcosa, quando sua moglie ha iniziato ad urlare. È corso verso di lei trovandola svenuta. L’abbiamo caricata su una barella, e mentre la stavamo portando al centro accoglienza, è rinvenuta ed ha cominciato a gridare di nuovo. Quando la calmai, le chiesi cosa fosse successo.

Non mi ricordo parola per parola ciò che disse, ma il succo fu questo: Mentre aspettava suo marito, udì un rumore veramente strano. Lo descrisse come il verso di un gatto, ma “sbagliato” in qualche modo, e non riusciva a capire il perché. Si è sporta per sentirlo meglio, e sembrava quasi si stesse avvicinando. A suo dire, più si avvicinava, più si sentiva a disagio, fino a quando non capì cosa non le quadrasse. Ricordo bene questa parte, perché fu così strana che non penso di riuscire a dimenticarla nemmeno se ci provassi.

<Non era un gatto. Era un uomo, che miagolava ripetutamente. Solo “meow, meow, meow”. Ma non era umano, non poteva esserlo, perché non ho mai sentito un uomo far ronzare la sua voce in quel modo. Ho pensato che il mio apparecchio acustico stesse impazzendo, così l’ho riregolato, ma sentivo ancora il ronzio. È stato orribile. Si stava avvicinando, ma non riuscivo a vederlo. Più si faceva forte più mi spaventavo, e l’ultima cosa che ricordo fu questa figura uscire dagli alberi. Penso di essere svenuta in quel momento>.

Ovviamente rimasi un po’ perplessa sul perché un uomo dovesse miagolare alla gente nel mezzo della fottuta foresta. Così una volta scesi dalla montagna, dissi al mio superiore che sarei andata a controllare la zona per vedere di trovare qualcosa. Lui mi diede il consenso, così presi una radio e tornai laggiù. Non vidi nessuno, così continuai a camminare per un altro miglio, e al ritorno provai ad andare fuori sentiero, per vedere se riuscissi a capire da dove era sbucato. Il sole stava tramontando, e non volevo rimanere lì da sola durante la notte, perciò mi ripromisi di tornare il giorno dopo. Ma mentre me ne andavo, cominciai a sentire qualcosa in lontananza. Mi fermai, ed urlai a chiunque si trovasse nelle vicinanze di identificarsi. Il rumore non si fece né più vicino né più forte, ma assomigliava esattamente all’imitazione distorta di un miagolio. Anche se il paragone non è dei più seri, provate ad immaginarvi la voce di Ned, quel tizio di “South Park” con il laringofono.

Mi sono diretta dove credevo provenisse, ma non sembrava mi stessi avvicinando. Quasi come se venisse da tutte le direzioni. Infine, il rumore scomparve, ed io ritornai al centro accoglienza. Non ho mai ricevuto altre segnalazioni simili, ed anche tornando in quell’area, non ho mai più sentito quel suono. Immagino si trattasse di un ragazzino stupido che si divertiva a prendeva per il culo la gente, ma devo ammettere che è stato bizzarro.


Mi dispiace se alla fine questo post è risultato chilometrico. Volevo arrivare a parlarvi di alcune storie che un mio amico mi ha raccontato, e ne ha alcune veramente buone, ma ormai sarà meglio lasciarle per domani sera. Inoltre, ho in serbo anche alcune mie esperienze che penso vi piaceranno. Scusatemi se vi tengo sulle spine ancora una volta, spero che questa entry possa rimediare aiutandovi a passare più in fretta le ventiquattro ore che vi dividono dal prossimo post!

EDIT: Siccome sembra che vorreste sentirne di più, domani vi scriverò quante più storie possibili e farò un lungo post. Includerò quelle del mio amico, e vedrò se posso averne anche altre da gente che ne ha di cose interessanti da dire. Non ero sicura se vi sarebbero piaciuti dei post tanto grandi, ma visto che pare non siano un problema, pubblicherò molti altri racconti!

Capitolo 3[]

Beh, ancora una volta, ragazzi, mi avete incoraggiata con l’incredibile quantità di risposte alle mie storie! Non ho modo di rispondere individualmente ad ognuno di voi, quindi ho intenzione di chiarire di nuovo alcune domande frequenti e poi passare ai racconti. Scriverò tutto ciò che mi è possibile, oltre alle storie dei miei amici, e probabilmente non aggiornerò più finché non avrò la possibilità di rispondere ad alcuni quesiti che io stessa ho per i miei superiori.

Bene, ecco le risposte alle domande più comuni che mi avete posto un po’ tutti:

• Sfortunatamente, non mi sento a mio agio a parlare di dove lavoro con precisione. In realtà alcune delle cose che ho menzionato qui potrebbero darmi un sacco di problemi o causarmi il licenziamento, quindi è meglio se non ne discuto troppo. Dirò che sono negli Stati Uniti e in un’area che comprende una grande quantità di zone selvagge. Stiamo parlando di centinaia di chilometri di fitta foresta, con una catena montuosa e diversi laghi.

• C’è ancora un grande interesse per le scale, e per vostra fortuna, un mio amico ha una storia che penso possa interessare a tutti. Per quanto riguarda il fatto che non abbia mai pensato di chiedere ai miei superiori sul loro conto, ancora una volta, non voglio rischiare di perdere il mio lavoro. Tuttavia, uno dei miei ex capi non lavora più come ufficiale SAR, ed è possibile sia disposto a dirmi qualcosa a riguardo. Parlerò con lui più tardi nella settimana, e vi farò sapere tutto ciò che ne verrà fuori.

• Per quanto riguarda i consigli su come diventare un ufficiale SAR, ritengo che il miglior suggerimento che possa dare sia di contattare l’ufficio del Servizio Forestale a voi più vicino per vedere se offrono corsi di formazione o quali siano le qualifiche. Lavoro qui da anni ormai ed ho iniziato come volontaria aiutando nelle operazioni di salvataggio. È un ottimo lavoro, nonostante le occasionali situazioni tragiche, e non c’è nient’altro che vorrei fare.

Ora, passiamo alle storie:

• Questa avvenne alla mia prima uscita dopo aver terminato l’allenamento, e mi era tutto ancora abbastanza nuovo. Prima di intraprendere questo lavoro, ero una volontaria, quindi avevo già un’idea di base su cosa aspettarmi, ma in quei casi si tratta principalmente di andare a prendere persone perse ma che i veterani avevano già rintracciato. Come ufficiale SAR, si esce per tutti i tipi di casi, dai morsi degli animali agli attacchi di cuore. Questo avvenne la mattina presto, ad una giovane coppia che si trovava su uno dei sentieri che costeggia il lago. Il marito era completamente isterico e non riuscivamo davvero a capire cosa stesse succedendo. Potevamo sentire la donna che urlava in sottofondo, mentre lui ci implorava di raggiungerli subito. Quando arrivammo, lo vedemmo tenere stretta la moglie, e lei aveva qualcosa tra le braccia. Stava urlando, urla terribili, quasi animalesche, e lui accanto che singhiozzava. Appena ci vide, gridò di aiutarli, di far venire un’ambulanza sul sentiero.

Ora, ovviamente non si può guidare un’ambulanza su un percorso come quello, quindi chiedemmo se sua moglie avesse bisogno di una mano, o se potesse camminare da sola. Il marito era ancora isterico, ma riuscì a dirci che non era sua moglie ad aver bisogno di aiuto. Mentre uno dei volontari cercava di calmarlo, io mi avvicinai alla donna per capire cosa stesse succedendo. Lei stava dondolando, tenendo qualcosa, urlando, ancora e ancora. Mi accovacciai ed osservai ciò che nascondeva, coperta dal suo sangue. Solo in quel momento notai la fasciatura che stringeva al petto ed il mio cuore sprofondò. Le chiesi di dirmi cosa fosse successo, e le feci aprire con gentilezza le braccia per vedere ciò che stringeva a sé.

Era il suo bambino, ovviamente morto. La sua testa era scavata da un lato e coperta di graffi. E beh, io avevo già visto corpi morti prima, ma qualcosa di quell’intera situazione mi colpì duramente. Mi presi un secondo per ricompormi, poi mi alzai e andai da uno dei miei colleghi lì accanto. Gli dissi del bambino morto, e lui mi diede una pacca sulla spalla, dicendomi che se ne sarebbe occupato lui. Ci volle più di un’ora per far sì che la donna ci facesse controllare suo figlio. Ogni volta che provavamo a portarglielo via, lei si girava e ci diceva che non potevamo averlo, che sarebbe stato bene se l’avessimo lasciata in pace e libera di aiutarlo. Alla fine, uno di noi riuscì a calmarla, e lei ci diede il corpo. Lo portammo all’area medica, ma quando gli EMT si presentarono, ci dissero che non c’era alcuna speranza di salvare il bambino. Era morto istantaneamente a causa di un trauma alla testa.

Ero una buona amica di una delle infermiere che incontrammo all’ospedale, e fu lei a dirmi in seguito cos’era successo. Venne fuori che la coppia aveva camminato con il bambino nella fasciatura e si erano fermati perché il piccolo si stava agitando. Il padre lo aveva preso in braccio e lo stava tenendo, guardando fuori da questo piccolo canale vicino al sentiero. La madre si stava avvicinando, ma calpestò un pezzo di terreno allentato, ed inciampò. Cadde sul marito, che lasciò cadere il bambino, il quale precipitò circa venti metri giù nel canale con numerose rocce sul fondo. Il padre era sceso ed aveva recuperato il figlio, ma era caduto di testa e quando arrivò era già morto. Il bambino aveva solamente quindici mesi. Si trattò di un incidente totalmente anomalo, una serie di eventi che si erano coalizzati per il peggior risultato possibile. Probabilmente una delle chiamate più orribili alla quale abbia assistito.


• Non ho mai visto molti morsi di animali nel corso della mia carriera come ufficiale SAR, soprattutto perché non ce sono molti che si aggirano nella zona. Sebbene ci siano orsi nell’area, tendono a stare abbastanza lontano dalla gente, e gli avvistamenti sono altamente rari. La maggior parte degli animali che potreste trovare sono piccoli, come coyote, procioni o moffette. Ciò che vediamo spesso, però, sono gli alci. E lasciate che ve lo dica, gli alci sono degli stronzi bastardi. Inseguono qualunque cosa senza motivo, e Dio vi aiuti se doveste ritrovarvi tra una femmina ed il suo cucciolo. Una delle storie più divertenti fu quella di un ragazzo che era stato rincorso da un alce maschio estremamente massiccio ed era stato costretto ad arrampicarsi su di un albero. Ci impiegammo quasi un’ora per farlo scendere, e quando finalmente fu di nuovo sulla terra ferma, mi guardò e disse <Dannazione. Quegli stronzi sono davvero grandi da vicino>. Immagino non sia niente di raccapricciante, ma ancora ci ridiamo sopra.


• Onestamente, non so come abbia potuto dimenticarmi di questa storia, ma è di gran lunga la cosa più spaventosa che mi sia mai successa. Penso che forse ho provato così tanto a scordarla, che non mi è venuta in mente subito. Essendo una che passa letteralmente tutto il tempo nel bosco, è meglio non lasciarsi mai prendere dalla paura di stare da solo o in mezzo al nulla. Ecco perché quando si hanno esperienze come queste, si tende a dimenticarle ed andare avanti. Questo è, ad oggi, l’unico avvenimento che mi abbia mai fatto seriamente mettere in discussione il mio lavoro. Non mi piace molto parlarne ma farò del mio meglio per ricordare tutto. Se non erro, avvenne proprio alla fine della primavera. Era una tipica telefonata per bambini scomparsi: una ragazzina di quattro anni si era allontanata dal campeggio della sua famiglia e mancava da circa due ore. I suoi genitori erano completamente scoraggiati e ripetevano: <mia figlia non si allontanerebbe mai>, <è così brava a starci vicina, non ha mai fatto niente del genere prima d’ora>. Li rassicurammo dicendo che avremmo fatto tutto il possibile per ritrovarla, e ci spargemmo in una formazione standard di ricerca.

Venni accoppiata con uno dei miei migliori amici, e stavamo tranquillamente parlando mentre avanzavamo. So che può sembrare insensibile, ma quando lo fai per così tanto finisci per distaccarti un po’. Diventa la norma, e penso che in una certa misura si debba imparare a desensibilizzarsi per fare questo lavoro. Cercammo per più di due ore, andando ben oltre il punto in cui pensavamo che la bambina potesse essere, ed uscimmo da una piccola valle quando qualcosa ci fece fermare entrambi all’unisono. Ci guardammo immobili l’un l’altro, c’era quasi la stessa sensazione che si prova in aereo mentre si depressurizza. Mi si stapparono le orecchie e mi sembrò come di essere scesa di una decina di metri. Ero sul punto di domandare al mio amico se lo sentisse anche lui, ma prima che potessi farlo udimmo il suono più forte che abbia mai ascoltato in vita mia. Era come se un treno merci ci stesse passando vicino, ma arrivava contemporaneamente da tutte le direzioni, perfino da sopra e da sotto. Il mio compagno mi urlò qualcosa, ma non riuscii a sentirlo a causa di quel ruggito assordante. Comprensibilmente fuori di testa, ci guardammo intorno, cercando di trovare la fonte del suono, ma nessuno di noi vide nulla.

Certo, il mio primo pensiero fu una frana, ma non eravamo vicini a nessun dirupo, ed anche se lo fossimo stati, ci avrebbe colpito in pochi istanti. Il rumore andava avanti e avanti, e noi cercavamo di urlarci l’un l’altro, ma anche stando vicini non riuscivamo a sentire altro che questo suono. Poi, all’improvviso, come aveva cominciato, si fermò, come se qualcuno avesse premuto un interruttore e l’avesse messo a tacere. Rimanemmo lì per un secondo, perfettamente immobili, e lentamente ritornarono i normali suoni del bosco. Mi chiesi che cazzo fosse appena successo, ma mi limitai a scrollare le spalle, e restammo lì a fissarci per un minuto. Accesi la radio e chiesi se qualcun’altro avesse sentito le fottute trombe del giudizio, ma nessuno aveva udito niente, anche se eravamo tutti a portata di voce. Il mio amico ed io ci limitammo a dimenticarcene e ad andare avanti.

Circa un’ora dopo, controllammo tutte le radio e nessuno aveva trovato la bambina. La maggior parte delle volte non cerchiamo quando fa buio, ma poiché non avevamo alcun tipo di vantaggio su di lei, alcuni di noi decisero di andare avanti, compresi me ed il mio amico. Ci tenemmo vicini, e la chiamammo ogni due minuti. A quel punto, pregavo oltre ogni speranza di trovarla, perché anche se non mi piacciono i bambini, l’idea che si possano trovare al buio da soli è terribile. Se i boschi possono intimorirli alla luce del giorno, di notte, beh, sono una bestia completamente diversa. Ma non vedemmo alcun segno di lei, né ricevemmo risposte, ed intorno alla mezzanotte, decidemmo di girarci e tornare al punto d’incontro. Eravamo circa a metà strada quando il mio amico si fermò e puntò la sua torcia alla nostra destra, verso un denso sottobosco, o un gruppo di alberi morti.

Gli chiesi se aveva sentito una risposta, ma mi disse solo di fare silenzio ed ascoltare. Lo feci, e in lontananza, riuscii a sentire quello che sembrava un bambino piangente. Entrambi chiamammo il nome della ragazzina in attesa di un qualunque tipo di risposta, ma continuavamo a sentire solo questo flebile pianto. Ci dirigemmo verso il punto da cui pensavamo arrivasse e vi girammo attorno, chiamando il suo nome più e più volte. Mentre ci avvicinavamo piano, cominciai ad avere questa strana sensazione nel mio intestino, e dissi al mio amico che c’era qualcosa che non andava. Mi rispose che si sentiva allo stesso modo, ma non riuscimmo a capire di cosa si trattasse. Ci fermammo e chiamammo ancora il nome della bambina. Ed allora entrambi lo capimmo. Il pianto era in loop. Era lo stesso singhiozzo lamentoso, poi un gemito ed infine un sospiro silenzioso, ripetuto più e più volte. Era sempre la stessa cosa ogni volta, e senza dire una parola, entrambi corremmo via.

È stata l’unica volta in cui ho perso la mia compostezza in quel modo, ma qualcosa era incredibilmente sbagliato, e nessuno di noi voleva rimanere là un secondo di più. Quando tornammo al punto d’incontro, chiedemmo se qualcun altro avesse sentito qualcosa, ma nessuno sapeva di cosa stessimo parlando. So che sembra una specie di anticlimax, ma quell’operazione mi ha sconvolto per molto tempo. Per quanto riguarda la bambina, non abbiamo mai trovato neanche una traccia di lei. Continuiamo a tenerla d’occhio assieme a tutte le altre persone che non abbiamo mai ritrovato, ma francamente dubito scoveremo mai qualcosa.


Dei casi di persone scomparse, solo una manciata ha portato ad una completa sparizione, che significa nessuna traccia né cadavere trovati. Ma a volte, in realtà, trovare un corpo porta solo a più domande che risposte. Ecco alcuni dei resti che abbiamo rintracciato e che sono diventati famosi nel nostro team:

• Un adolescente che è stato recuperato quasi un anno dopo la sua scomparsa. Abbiamo trovato la parte superiore del cranio, due ossa delle dita e la sua macchina fotografica a quasi quaranta chilometri da dove era stato visto l’ultima volta. La fotocamera, purtroppo, è andata distrutta.

• Il bacino di un anziano sparito quasi un mese prima. Questo è tutto ciò che abbiamo trovato.

• La mascella inferiore e il piede destro di un bambino di due anni sulla vetta più alta di una catena, nella parte meridionale del parco.

• Il corpo di una ragazzina di dieci anni affetta dalla Sindrome di Down, a quasi venti chilometri da dove era svanita. Era morta per esposizione dopo tre settimane dall’essere scomparsa, e tutti i suoi vestiti erano intatti tranne per le scarpe e la giacca. Con l’autopsia si trovarono nel suo stomaco bacche e carne cotta. Il medico legale disse che sembrava che qualcuno si stesse prendendo cura di lei. Non sono mai stati identificati i sospetti.

• Il corpo congelato di un bambino di un anno, trovato una settimana dopo essere scomparso, nel tronco cavo di un albero a dieci chilometri dall’area in cui era stato visto l’ultima volta. C’era del latte fresco nel suo stomaco, ma la lingua era sparita.

• Un’unica vertebra e una rotula destra di una bambina di tre anni, trovata nella neve a quasi venti chilometri da dove stava campeggiando con la sua famiglia l’estate precedente.


Ora, un paio di storie che mi ha raccontato un mio amico. Eravate interessati alle scale ed oggi siete fortunati: lui ha avuto un incontro più ravvicinato con loro. Sebbene non se le sappia spiegare, ha un po’ più di esperienza rispetto a me.

• Il mio amico è stato un ufficiale SAR per circa sette anni, ha iniziato quando era un junior al college, e ha avuto un incontro molto simile al mio quando ha visto per la prima volta le scale. Il suo allenatore gli disse quasi la stessa cosa, cioè di non avvicinarsi mai, non toccarle o salirci. Per il primo anno fece proprio questo, ma a quanto pare la curiosità ebbe la meglio su di lui, e durante un’operazione si allontanò dalle fila ed andò a controllarne un paio. Disse che erano a una quindicina di chilometri dal sentiero su cui una ragazzina era scomparsa, e i cani stavano seguendo l’odore. Era da solo, in ritardo rispetto al gruppo principale, quando le vide alla sua sinistra. Sembravano di una casa nuova, perché la moquette era bianca ed incontaminata. Mi ha detto che mentre si avvicinava, non si sentiva diverso, né udiva strani rumori. Si aspettava accadesse qualcosa, come un improvviso sanguinamento dalle orecchie o un collasso, ma una volta avvicinatosi ad esse si sentiva normale. L’unica cosa, disse, è che era strano che non ci fossero assolutamente detriti su gradini.

Niente sporcizia, foglie o polvere, niente. E sembrava anche non ci fossero segni di attività degli animali o degli insetti nelle immediate vicinanze, cosa che trovò assai bizzarra. Non era come se la natura volesse evitare le scale, piuttosto come se quest’ultime si trovassero in una zona relativamente sterile della foresta. Toccò le scale e non sentì nulla tranne quella specie di sensazione appiccicosa che si ottiene da un nuovo tappeto. Assicurandosi che la radio fosse accesa, iniziò a salirci con lentezza; ha detto che fu terrificante, perché nel modo in cui gli erano state presentate, non era proprio sicuro di cosa gli sarebbe successo. Ha scherzato dicendo che una metà di lui si aspettava di essere teletrasportato in un’altra dimensione, e l’altra metà stava cercando con lo sguardo un UFO pronto a scendere giù in picchiata. Arrivò in cima, e da lì si guardò intorno.

Mi ha detto che più a lungo si tratteneva sul gradino più alto, più si sentiva come se stesse facendo qualcosa di molto, molto sbagliato. Ha descritto questa sensazione come il sentimento che avreste se foste in un edificio governativo in cui non dovreste essere. Come se qualcuno dovesse venire ad arrestarvi o a spararvi alla nuca da un momento all’altro. Cercò di spazzarlo via, ma la sensazione diventava sempre più forte, e fu allora che si rese conto di non sentire più nulla. I suoni della foresta erano spariti e lui non riusciva a sentire neanche il proprio respiro. Era come una sorta di strano acufene, terribile, ma più opprimente. Tornò indietro per riprendere la ricerca, senza menzionare ciò che aveva fatto.

Ma ha aggiunto che la parte più strana di tutto ciò è arrivata dopo. Il suo allenatore lo stava aspettando al centro di accoglienza dopo la conclusione delle ricerche, e mise all’angolo il mio amico prima che potesse andarsene. Ha detto che lo guardava con aria furiosa, e così gli chiese cosa non andasse. <Ci sei salito>. Il mio amico disse che non sembrava una domanda, piuttosto un’affermazione. Gli chiese come facesse a saperlo. Lui scosse semplicemente la testa <Perché non l’abbiamo trovata. I cani hanno perso il suo odore>. Il mio amico chiese cosa avesse a che fare questo con qualsiasi cosa fossero quelle scale. L’allenatore gli chiese quanto tempo ci aveva passato sopra, e appena il mio amico gli rispose non più di un minuto, lui lo fissò con uno sguardo davvero terribile, quasi con gli occhi spalancati. Gli disse che se fosse mai salito su un’altra rampa di scale, sarebbe stato licenziato. All’istante. Dopo di che se ne andò, ed immagino che da allora non abbia mai risposto a nessuna delle questioni sollevate dal mio amico.

Sempre lui, è stato coinvolto in un sacco di casi di persone scomparse di cui non è mai stata trovata traccia. Ho menzionato David Paulides e ha potuto confermarmi che quelle storie sono, per la maggior parte, accurate. Ha detto che solitamente, se la persona non viene trovata subito, o non viene mai trovata, o viene trovata dopo settimane, mesi o anni, in luoghi che non avrebbero mai potuto raggiungere. Mi ha raccontato di una storia che davvero risalta tra le altre, e che coinvolse un bambino di cinque anni con una grave disabilità mentale.

• Il ragazzino sparì da un’area picnic nel tardo autunno. Oltre ad essere disabile mentalmente, lo era anche fisicamente, ed i genitori spiegarono più e più volte che non poteva essere svanito. Era impossibile. Qualcuno doveva averlo preso. Il mio amico ha detto di averlo cercato per settimane, andando di parecchio oltre il range stimato, ma era come se non fosse mai stato lì. I cani non riuscivano a cogliere il suo odore da nessuna parte, neanche nella zona dov’era apparentemente sparito. I sospetti caddero sui genitori, ma era chiaro fossero devastati e che non avessero fatto niente di sinistro al loro bambino. La ricerca si concluse un mese più tardi, e il mio amico ha detto che tutti lo avevano praticamente dimenticato entro la fine dell’inverno. Era fuori per un allenamento sulla neve, su una delle cime più alte, quando scorse qualcosa in mezzo a tutto quel bianco. Disse di averlo visto da lontano in un primo momento, e una volta avvicinatosi realizzò che si trattava di una maglietta, congelata e strappata parzialmente. Capì subito che apparteneva ad un bambino, aveva un pattern abbastanza distintivo. A circa venti metri di distanza, trovò il corpo del ragazzino, che giaceva parzialmente sepolto dalla neve.

Il mio amico ha detto che non era possibile che fosse morto da più di qualche giorno, anche se era scomparso da quasi tre mesi. Il ragazzino era raggomitolato intorno a qualcosa, e quando il mio amico spazzò via la neve per vedere cosa fosse, disse che non riusciva a credere a quel che stava vedendo. Era un grosso pezzo di ghiaccio, rozzamente scolpito per sembrare una figura umana. Il bambino lo teneva così stretto che gli aveva congelato il petto e le mani, cosa che poteva affermare anche grazie al decadimento circostante. Chiamò via radio il resto della squadra e portarono via il corpo dalla montagna.

Adesso, ha ricapitolato tutto questo per me e, in poche parole, non c’era modo che questo ragazzo sopravvivesse per quasi tre mesi da solo, o anche solamente potesse raggiungere il picco in questione. Non era fisicamente possibile che quel bambino avesse camminato per circa cinquanta chilometri e fosse finito su quella dannata vetta. Per finire, non aveva nulla nello stomaco o nel colon. Niente, nemmeno acqua. Usando le parole del mio amico <quel ragazzo era stato sottratto dalla faccia della terra, messo in animazione sospesa, e lasciato cadere su quella montagna mesi dopo, solo per morire di esposizione>. Ancora non riesce a superare questo fatto.

• L’ultima sua storia che condividerò è quella che si è svolta più di recente, solo pochi mesi fa. Erano fuori a fare una ricognizione per via dei leoni di montagna, perché c’erano stati diversi avvistamenti negli ultimi due giorni. Uno dei nostri compiti è quello di esplorare le aree dove questi animali vengono visti per garantire che, se si trovano in zona, ci sia consentito avvisare le persone e chiudere le piste coinvolte. Era fuori per conto suo, in una zona molto boschiva del parco, verso il tramonto, quando sentì quello che sembrava l’urlo di una donna in lontananza. Dunque, come molti di voi sapranno, quando un leone di montagna ruggisce, assomiglia moltissimo al grido di una donna che sta venendo brutalmente uccisa. È inquietante, ma tutt’altro che anormale. Così il mio amico aveva fatto sapere via radio agli OPS che ne aveva sentito uno, e che avrebbe proseguito per vedere se riusciva a capire quale fosse il suo territorio. Lo udì ruggire ancora un paio di volte, sempre dallo stesso punto, e determinò l’area approssimativa del territorio dell’animale. Stava per tornare indietro quando sentì un altro urlo, questa volta a pochi metri da lui.

Ovviamente si spaventò parecchio, e cominciò a camminare a ritmo ben più veloce: l’ultima cosa che voleva era imbattersi in un cazzo di leone di montagna e farsi sbranare. Una volta tornato sul sentiero, sentì le grida seguirlo, ed iniziò a correre. Quando fu a circa un miglio dal campo base, le urla cessarono, e si voltò per controllare se lo stesse seguendo. Era ormai calata la notte, ma in lontananza, prima che il sentiero svoltasse a un angolo, riuscì a vedere quella che sembrava una figura maschile.

La chiamò, avvertendola che i sentieri erano chiusi e che se aveva bisogno di tornare indietro poteva portarlo al centro di accoglienza. Essa era rimasta lì e il mio amico le si era avvicinato. Ad una decina di metri di distanza, la figura gli si rivolse e, come lui stesso mi ha descritto, “con un impossibile passo lungo” si avvicinò a lui e lanciò lo stesso urlo che il mio amico aveva udito. Lui non disse niente, e fuggì di nuovo a gambe levate per fare ritorno al campo, senza ma più guardarsi alle spalle. Una volta arrivato, le urla erano tornate nel bosco. Non ha mai parlato a nessun altro dell’accaduto, ai compagni disse solo che c’era un leone di montagna e che avrebbero dovuto chiudere quei sentieri fino a quando l’animale non sarebbe stato localizzato e spostato.

Penso che finirò qui questa entry, perché sta diventando abbastanza lunghetta. Domattina partirò per un allenamento annuale, quindi non mi vedrete fino all’inizio della settimana prossima. Incontrerò molti ex allenatori ed amici che lavorano in altre aree del parco, e mi informerò su eventuali storie che vorrebbero condividere. Sono felice che voi ragazzi siate così interessati, e una volta tornata da questa operazione tornerò ad aggiornarvi!

Capitolo 4[]

Ehy ragazzi! Sono tornata dal mio allenamento, e ho molte storie interessanti da condividere con voi. Ne ho abbastanza da suddividerle in due parti, di cui questa è la prima. Mi sarebbe piaciuto inserirle tutte in un’unica entry, ma non ho ancora avuto la possibilità di metterle tutte per iscritto. Non è successo nulla di troppo strano mentre ero fuori, abbiamo avuto solo un incidente con una recluta che ho trovato irrilevante. Quindi, dal momento che sono sicura che le stavate aspettando, entrerò subito nell’ambito racconti. Assegnerò ogni serie di storie alla persona che me le ha raccontate.


KD: KD è una veterinaria che è stata ufficiale SAR per circa quindici anni. Si è specializzata nel salvataggio in montagna ad alta quota ed è considerata quasi all’unanimità una delle migliori nel suo campo. Era una delle narratrici più entusiaste, e dato che eravamo insieme durante una buona parte degli esercizi, ha finito per parlarmi di ben quattro storie che mi hanno davvero impressionato.

• Ecco la prima che mi ha narrato in risposta alla mia domanda riguardo le sue chiamate più traumatiche. Ha scosso la testa e mi ha detto che le peggiori si verificano con molta più frequenza in montagna. Più o meno cinque anni fa, uno dei parchi in cui lavorava segnalò una serie di sparizioni. Fu un pessimo periodo, ha detto, uno dei peggiori sotto il punto di vista della temperatura. Avevano circa quindici centimetri di neve fresca ogni due giorni, e diverse valanghe avevano ucciso alcuni alpinisti. Avevano avvisato la gente di rimanere sulle aree mappate, ma ovviamente ci sono sempre quelli che non ascoltano. In un caso particolarmente brutto, un’intera famiglia venne spazzata via perché il padre era sicuro di saperne di più dei funzionari, e aveva portato i parenti in un’area non sicura. Indossavano delle racchette da neve e, come KD aveva ipotizzato, avevano camminato lungo un ponte di neve solido solo all’apparenza. Esso infatti sotto il peso della famiglia cedette, e loro ci caddero assieme, per almeno trecento metri lungo il pendio. Atterrarono sulle rocce in fondo ed i genitori morirono sul colpo. Ad uno dei bambini toccò la stessa fine, ma gli altri due riuscirono a sopravvivere. Uno aveva una gamba rotta e le costole fratturate, l’altro era quasi illeso, salvo qualche livido ed una distorsione alla caviglia. Fu quest’ultimo a lasciare il fratello e a partire in ricerca d’aiuto. KD ha detto che il bambino non fece più di cinquecento metri prima di essere sopraffatto da una tempesta.

Si fermò per cercare di scaldarsi, o forse solo per riposare, e finì per morire congelato. La famiglia fu ritrovata con l’aiuto di alcuni testimoni che la videro addentrarsi nella riserva, e fu lei stessa a trovare il bambino ghiacciato, morto in cerca di aiuto. Ha raccontato che aveva iniziato a nevicare, quel tanto che bastava per oscurare la visione a lunga distanza, ma non abbastanza da rendere impossibile la ricerca. Vide davanti a sé una figura seduta sulla neve, e cercò di avvicinarsi il più velocemente possibile. Mi ha descritto dettagliatamente il ritrovamento: realizzò per prima cosa che si trattava di un bambino, in secondo luogo che era deceduto, ed infine che era rimasto congelato in una delle posizioni più pietose in cui avesse mai trovato un cadavere. Si trovava in posizione eretta, con le ginocchia strette al petto. Le sue braccia erano incastrate tra loro, e la testa era infilata nel suo cappotto. Quando spostò il bavero per guardarlo in faccia, vide che era morto piangendo. Il viso era contorto, e le lacrime gli si erano ghiacciate sulle guance. Era dolorosamente evidente il terrore del ragazzo mentre soccombeva all’ipotermia e, come madre, le si spezzò il cuore. Mi ha detto, ripetutamente, che spera che il padre stia bruciando all’inferno.

• L’altra storia traumatica che mi ha raccontato e che spicca nella mia mente, è quella accaduta quando lei era una recluta. La sua squadra aveva ricevuto una segnalazione riguardo un alpinista esperto che non era rincasato il giorno precedente. Sua moglie era convinta che fosse accaduto qualcosa di brutto, perché non era mai successo che non tornasse a casa in tempo. Andarono a cercarlo e dovettero arrampicarsi su quelle che sembravano delle parti tecnicamente molto impegnative della montagna. Raggiunsero un'area relativamente piatta, e KD iniziò a vedere del sangue sulla neve. Seguì il sentiero e mentre lo faceva, iniziò a vedere piccoli pezzi di tessuto e pelle. Non era sicura di quale fosse la parte del corpo da cui provenivano, ma più li seguiva, più ce n’erano. Seguì questa traccia di sangue e tessuti verso un'area riparata sotto un costone, dove trovò lo scalatore. Ha detto che c'era molto sangue, più di quanto ne avesse mai visto prima. Era sdraiato a faccia in giù, con un braccio disteso davanti a lui, come se fosse morto mentre cercava di trascinarsi. L’osservò più da vicino e scoprì che era stato parzialmente sventrato: ecco da dove proveniva il tessuto che aveva visto.

L’uomo aveva un rompighiaccio nascosto in una fondina, ed era coperto di sangue. Certo, non saranno mai sicuri al 100% riguardo l’accaduto, ma lei ha spiegato come meglio poteva la situazione, e questo è quello che dovrebbe essere successo: l’uomo stava cercando di salire fino all’area successiva, e si serviva della piccozza. Probabilmente aveva colpito una zona allentata ed è caduto. Durante la discesa, o forse mentre atterrava, è stato impalato dall'ascia, che lo ha sventrato. Si è trascinato, strappando pezzi di se stesso mentre avanzava ed è morto sotto la parete rocciosa. KD non è una tipa particolarmente infastidita dalle scene cruente, ma immagino che alcuni dei ragazzi che arrivarono ad aiutarla con la rimozione del corpo abbiano vomitato quando, girando il cadavere, una buona porzione del suo intestino si è rovesciata.

• Le ho detto che ero interessata a sentire qualsiasi esperienza avesse avuto con gente che scompare nel nulla. I suoi occhi si illuminarono e si sporse verso di me, chiedendomi: <Vuoi sentire una vera chicca?>. A quel punto ha iniziato a raccontare di come, agli albori della sua carriera, ci fu un caso che suscitò molta attenzione mediatica. Una famiglia si era recata a raccogliere bacche in un'area della foresta molto vicina all'ingresso del parco. Avevano due ragazzini, entrambi di età inferiore ai cinque anni, e ad un certo punto durante il giorno, uno di loro svanì. Venne portata avanti una ricerca più che massiccia, ma non trovarono assolutamente nulla. Si trattava di un altro di quei casi in cui è come se il bambino non fosse mai stato lì. I cani si sedettero e non fiutarono più nulla, non venne trovata alcuna traccia del bambino. La ricerca continuò per circa due mesi, ma alla fine fu annullata. Il racconto però continua sei mesi più tardi. La famiglia tornò a posare dei fiori sul memoriale allestito per la scomparsa.

Con loro c’era anche l'altro figlio. Mentre stavano posizionando i fiori, lo persero di vista per circa tre secondi, e in quel lasso di tempo sparì nel nulla. Ora, ovviamente, i genitori erano più che devastati. È abbastanza orribile perdere un bambino, ma perderne due è oltre ogni immaginazione. La ricerca fu enorme, una delle più grandi nella storia dello stato. Ci furono circa trecento volontari che percorsero ogni centimetro di questo parco. Ma di nuovo, non c’era alcuna traccia di lui. La ricerca continuò per circa una settimana, con persone che guardarono anche per diversi chilometri oltre la parte del parco dove era svanito. E poi, due settimane dopo, un volontario lo trovò a quasi quindici chilometri dal range stimato.

Si era presupposto che il ragazzino fosse morto, ma il soccorritore rispose che non solo era vivo, ma anche in buona salute. KD e il suo team uscirono per recuperare il bambino, e quando arrivarono, non riuscirono quasi a credere che quello era il ragazzo sparito. I suoi vestiti erano puliti, non era sporco da nessuna parte, e lui non sembrava neanche traumatizzato. Il volontario disse di averlo trovato seduto su un tronco, mentre giocava con un piccolo fascio di ramoscelli legati insieme da una vecchia corda. KD gli chiese dov’era stato e con chi durante quelle due settimane ed il bambino le rispose che aveva vissuto con “l'uomo sfocato”. Ora, KD crede fermamente nell’esistenza del Bigfoot, quindi si eccitò al sentire quelle parole, e gli chiese cosa intendesse per “sfocato”. <Era peloso?> Ma il bambino negò. Era un uomo “sfocato” e lo descrisse dicendo <come quando chiudi gli occhi, ma non completamente>. Disse che era uscito dagli alberi e lo aveva portato con sé nel profondo del bosco. Raccontò di aver dormito in un albero cavo, e che l'uomo sfocato gli aveva dato da mangiare delle bacche. KD gli chiese se l'uomo fosse cattivo, se lo avesse spaventato, ma lui negò: <Non mi faceva paura. Ma non mi piaceva che non avesse gli occhi>. Lo riportarono al quartier generale, e da lì un poliziotto lo scortò in città per interrogarlo.

In quanto amica dell’agente, KD sa cosa si dissero, e mi ha riportato tutta la testimonianza: il bambino ha descritto di essere stato tenuto in questo albero dall'uomo sfocato, che gli portava delle bacche ogni volta che aveva fame. Gli era permesso girovagare per una radura molto grande, ma quando cercò di andare oltre, l'uomo sfocato si arrabbiò ed urlò parecchio forte, “anche se non aveva la bocca”. Quando il bambino si spaventava di notte, l'uomo sfocato la faceva “diventare più luminosa”, inoltre gli donò anche il fagotto di ramoscelli. Disse che l'uomo sfocato avrebbe voluto trattenerlo oltre, ma dovette lasciarlo andare perché non era “del tipo giusto”. Il ragazzino non poteva o non voleva elaborare altro oltre a questo. I poliziotti semplicemente non sapevano che pesci prendere e nel frattempo la ricerca del fratello fu rinnovata, senza però dare risultati. Il bambino non aveva la minima idea di dove potesse essere suo fratello, e non lo trovarono mai.

• L’ultima storia che KD mi ha raccontato riguarda un fatto che le è accaduto durante l’addestramento da recluta quando si era separata dal suo gruppo. Stavano imparando le basi della scalata in alta quota su un lato ben delineato della montagna, quando sentì il bisogno di andare in bagno. Si allontanò di una cinquantina di metri dagli altri durante una pausa e fece ciò che doveva. Il resto lo lascio alle sue stesse parole: <Così andai a pisciare e, una volta finito, mi diressi verso il gruppo. Ma mi fermai dopo solo un metro e mezzo, capendo che non avevo idea di dove mi trovassi. E questo non era un “oh, mi sono voltata e mi son persa”. Intendo proprio che non avevo letteralmente idea di dove fossi. Se me lo avessi chiesto, non penso nemmeno sarei stata in grado di dirti in che stato eravamo. Immagino sia come si sentono le persone con l'amnesia, hai presente? Sei completamente perso e non hai idea di cosa fare. Quindi rimasi lì per un po’, cercando solo di capire dove fossi e quale avrebbe dovuto essere la mia prossima mossa. Ma più rimanevo ferma, più mi confondevo, così iniziai a muovermi.

Per quanto ricordo, scelsi una direzione a caso e mi ci incamminai. E mentre proseguivo, andava sempre peggio, al punto in cui non avevo neanche idea del perché ero sulla montagna. Stavo giusto arrancando nella neve, quando cominciai a sentire questa voce. Era quasi nella mia testa… quasi. Come se una rana potesse parlare, tutta bassa e gracchiante. E mi ripeteva di continuo “Va tutto bene, va tutto bene, devi solo trovare qualcosa da mangiare. Trova qualcosa da mangiare e starai bene, continua a camminare e trova qualcosa da mangiare. Mangiare. Mangiare”. Così cominciai a cercare qualcosa da mettere sotto i denti, e giuro su Dio che non mi sono mai sentita così affamata in tutta la mia vita.

Ero un pozzo senza fondo, e penso che avrei mangiato quasi tutto quello che mi si sarebbe potuto mettere davanti in quel momento. Non avevo la concezione del tempo, ergo non avevo idea da quanto stessi vagando, quando sentii una voce, vera, venire verso di me. Mi misi a seguire il suo suono e vidi uno degli altri SAR, e sembrava terrorizzato. Stava correndo verso di me, chiedendomi se stavo bene e che diavolo ci stessi facendo lì. E la cosa spaventosa era che, mentre si avvicinava, mi ero quasi ritrovata a sfilare dalla cintura il mio coltello da caccia. Non stavo nemmeno pensando veramente a quello che facevo, ma avevo in mente solo di dover mangiare. “Se non mangio, non starò mai più bene, quindi devo solo mangiare”. Lui mi vide farlo e si ritrasse subito. Mi urlò di mettere via il mio coltello, che non mi avrebbe fatto del male, e questo mi fece tornare in me. All'improvviso, sapevo esattamente dove mi trovavo, e riposi l’arma. Corsi da lui e gli chiesi da quanto tempo ero via, pensando che mi avrebbe detto per circa mezz'ora o giù di lì. Ma in realtà mi rispose che sono scomparsa per due fottuti giorni.

Ho oltrepassato due vette e sono finita quasi dall'altra parte della montagna, e se avessi continuato, sarei finita a vagare per circa trecento chilometri oltre la riserva. Non mi avrebbero mai trovato. Lui non riusciva a credere che non fossi morta, ed ovviamente io non sapevo cosa cazzo pensare. Per me, non era passato tutto quel tempo. Non dissi niente, tornai con lui al punto di ritrovo e poi al quartier generale per essere trasportata in aereo all'ospedale. Quando arrivai lì, mi fecero tutti i tipi di test e cercarono di capire cosa fosse successo. A quanto pare, ho avuto una specie di strano stato di fuga, che è un po’ come l'amnesia, o uno strano attacco che mi ha stordito il cervello. Ma la verità è che non lo sappiamo davvero. Non è mai successo di nuovo, ma ti dirò, da allora non esco mai più da sola. Le persone mi prendono in giro perché voglio qualcuno con me quando devo allontanarmi dal gruppo, ma rispondo solo che sentirmi pisciare sulla neve è meglio che perdermi per due fottuti giorni su una montagna ghiacciata>.


EW: La seconda persona con cui ho parlato è stata EW, un ex allenatore che ora lavora come EMT. Viene ancora in operazioni come questa per dare una mano, ma non lavora più a tempo pieno per noi. Si è specializzato nella ricerca di bambini scomparsi; sembrava avere un certo sesto senso quando si trattava di sapere dove fossero finiti. È una leggenda tra i veterani più anziani, ma si imbarazza se ci si complimenta per il suo operato. Una sera si è seduto con me a cena e abbiamo finito per scambiarci le nostre esperienze. La maggior parte erano solo storielle, ma quando abbiamo iniziato a parlare delle nostre operazioni più strane, gli ho detto che avevo un amico che era salito su una di quelle di scale. Scese uno strano silenzio e poi mi chiese se avessi mai sentito di un ragazzino scomparso dal suo parco qualche anno prima. Gli dissi di no, e quindi iniziò a raccontare.

• Erano fuori a cercare questo ragazzo di undici anni, Joey, che era scomparso vicino ad un fiume. Naturalmente, il primo pensiero fu che era caduto ed annegato, ma quando portarono i cani fuori, gli ufficiali della SAR furono portati molto lontano da lì e in un'area densamente boscosa. Quando cerchiamo delle persone, facciamo uso di una griglia e controlliamo ogni riquadro incredibilmente a fondo. La squadra di EW notò subito che stava emergendo uno schema molto strano. I cani fiutavano l'odore di Joey in quadrati alternati. Se pensate ad una scacchiera, il suo odore è stato raccolto in quadrati neri casuali, ma mai in quelli bianchi.

Questo, ovviamente, non aveva alcun senso, perché come poteva un bambino rimbalzare da una zona all'altra senza lasciare una scia in ogni posto in cui passava? EW e il suo compagno passarono quindi ad un nuovo riquadro della griglia, e notarono una serie di scale ad una cinquantina di metri di distanza. Disse al suo partner che dovevano andare a controllarle da vicino, ma quello rifiutò categoricamente. Spiegò a EW che, sebbene tutti loro facessero finta di niente, lui sapeva che non erano normali, e si era prefissato di non avvicinarsi mai a quelle scale. Aggiunse però che sarebbe rimasto a distanza visiva mentre EW le controllava. Era irritato, ma ci teneva a ritrovare il ragazzo, così decise di non soffermarsi sull'argomento. <Andai verso le scale. Erano piccole, un po’ come quelle di un seminterrato.

Non avevo un’opinione precisa su di esse, quindi non avevo paura o altro. Credo di comportarmi come tutti gli altri, preferendo semplicemente non pensarci troppo. Ad ogni modo, andai oltre e notai che qualcosa giaceva sul gradino inferiore, un po' rannicchiato. Il mio cuore sprofondò, perché naturalmente spero sempre per il meglio. E noi eravamo sicuri che avremmo trovato questo ragazzo vivo, perché era scomparso da poche ore. Ma capii subito che era lui e che era morto. Stava raggomitolato come una piccola palla sul gradino, tenendosi lo stomaco. Sembrava aver subito un dolore orribile al momento della morte, ma non vidi alcuna goccia di sangue, tranne qualche traccia sulle labbra e sul mento.

Usai subito la radio per comunicare il ritrovamento e che avrei portato il suo corpo al comando. Quella povera famiglia… furono devastati. I genitori non riuscivano a capire come era potuto morire, perché se n'era andato per così poco tempo. E per di più non avevamo alcuna causa evidente di morte, il che peggiorò la situazione. Pensai che probabilmente aveva mangiato qualcosa di velenoso, dato che si stava tenendo lo stomaco quando l'ho trovato, ma non volevo tirare ad indovinare. È già abbastanza difficile sapere che tuo figlio è morto, figuriamoci avere tra i piedi qualche stupido SAR che va a tentativi per scoprire che è successo. Lo portarono via ed io andai a casa e cercai di non pensarci. Odio trovare bambini morti, credimi. Ho adorato questo lavoro, ma è per motivi del genere che l’ho lasciato. Ho due figlie, e il pensiero di perderle in quel modo…> Si commosse un po’ arrivato a questo punto. Non sono brava con cose così emotive, ed è sempre un po’ imbarazzante vedere un uomo adulto piangere, quindi non sapevo bene cosa fare. Alla fine, comunque, si ricompose e continuò. <Non sempre chiediamo quali siano le cause della morte. Non è proprio il nostro lavoro saperlo, credo, e a volte se i medici legali pensano che sia scorretto non ce lo dicono a causa di cazzate burocratiche. Ma ho un amico che lavora per il dipartimento dello sceriffo, e di solito mi passa qualsiasi informazione interessante gli chieda. In quel caso, però, ricevetti una chiamata da lui circa una settimana dopo. Mi chiese se ricordavo il ragazzo e, naturalmente, lo ricordavo, e mi disse che stava succedendo qualcosa di veramente strano.

Mi disse, “Ehm, amico, penserai che sono pazzo, ma il medico legale non ha idea di cosa sia successo a questo ragazzo. Non ha mai visto niente del genere”. Il mio amico continuava a dirmi che quando lo avevano aperto, non erano riusciti a credere a cosa stessero vedendo. Le interiora sembravano formaggio svizzero. Grossi fori erano stati praticati su ogni singolo organo, fatta eccezione per il cuore e i polmoni. Ma il suo colon, il suo stomaco, i suoi reni e persino uno dei suoi testicoli erano pieni di questi buchi. Il mio amico mi disse che il medico l’aveva descritto come se qualcuno avesse usato una pinzatrice ovunque, per quanto fossero precisi. Ma il bambino non aveva un graffio all’esterno, nessuna ferita di entrata o di uscita. La cosa più vicina ad una vicenda simile era un tipo che si era riempito di pallettoni un anno o più addietro mentre puliva il suo fucile. Nessuno aveva idea di cosa potesse averlo causato. Il mio amico mi ha chiesto se avessi mai sentito qualcosa del genere, o se avessimo avuto a che fare con casi simili in passato. Ma non avevo mai nemmeno sentito parlare di roba così, e gli dissi che non avrei potuto essergli d’aiuto.

Per quanto ne so, il medico legale ha determinato la causa della morte come qualcosa di simile a un "sanguinamento interno massiccio", ma nessuno sa cosa sia realmente accaduto. Non sono mai riuscito a dimenticare quel ragazzo. A volte ho degli incubi al riguardo. Non permetto alle mie figlie di andare nel bosco da sole, e quando andiamo insieme non le perdo mai di vista. Mi piaceva molto stare qui. Ma quel caso, e qualche altro paio, hanno in parte rotto quel legame>. La cena terminò subito dopo, così iniziammo a pulire e a tornare alle nostre camerate. Ma prima di andare in direzioni separate, mi mise una mano sulla spalla e mi guardò molto da vicino. Mi disse che qualcosa di malvagio si nascondeva là fuori. Qualcosa a cui non importa se abbiamo famiglie, se viviamo la nostra vita, se siamo dotati di pensiero o di emozioni. Si raccomandò la massima attenzione, e se ne andò. Non ho avuto la possibilità di parlare ancora con lui, ma questa storia mi è rimasta impressa.


PB: Per pura coincidenza, ho avuto modo di parlare con un altro veterano, PB, che sono anni che lavora nel campo del SAR. Siamo stati accoppiati per una perlustrazione a griglia durante un allenamento, e stavamo chiacchierando di argomenti come il lavoro, quello che avremmo potuto vedere e così via. Ad un certo punto, passammo davanti a una vecchia rampa di scale, anche se probabilmente erano solo i resti di una vecchia vedetta dei pompieri, data l'area in cui ci trovavamo. Con faccia di bronzo, ho menzionato la mia curiosità riguardo le scale ed il mio desiderio di saperne di più su di loro. Rimase un po’ in silenzio e sembrava che volesse dirmi qualcosa, ma era piuttosto incerto sul farlo. Alla fine, mi ha detto di spegnere la radio. Ovviamente questa è una cosa che non dovremmo mai fare, ma l'ho fatto, ed anche lui.

• Circa sette anni fa, mi ha raccontato, era fuori per un’operazione con un novellino. Si trovavano in un'area del parco che brulica di strani report ed eventi. Sparizioni, storie di luci nella foresta, rumori inusuali, cose del genere. La recluta era totalmente spaventata, continuava a parlare di "cosa potesse esserci nel bosco". Secondo PB: <Il ragazzo non la smetteva di parlare de “l’Uomo-Capra”. Ancora e ancora, "Goatman" questo, "Goatman" quello. Alla fine, gli dissi che c'era roba ben più reale da temere, e che sarebbe stato meglio superare questa storia dell’Uomo-Capra. Adesso però voleva sapere di che tipo di cose stavo parlando, e lo intimai solo di stare zitto e camminare. Attraversammo un piccolo crinale dove trovammo una scala a circa dieci metri più avanti. Il novizio si fermò di colpo e restò lì a guardarla. Gli dissi: “Vedi? Questa è una di quelle cose di cui dovresti aver paura”. Allora mi domandò cosa diavolo ci facessero lì, e per qualche ragione, mi aprii e gli dissi la verità. O quello che mi è stato detto essere la verità. Sarei potuto finire nei guai per averlo fatto, e lo stesso ora per dirlo anche a te. Ma sei una brava ragazza, e spero che così la smetterai d’immischiarti in questa storia. Quindi ti dirò quello che so, a condizione che tu non ne faccia mai parola davanti ai superiori>.

Giurai che non avrei aperto bocca, e lui ricontrollò che le nostre radio fossero spente. <Quando ho iniziato, eravamo un po’ più aperti con quelli nuovi riguardo quel che accade qui. Avvertivamo la gente prima ancora che venisse assunta sul genere di merdate presenti là fuori. Penso che il Servizio Forestale fosse stanco di tutte queste persone che entravano solo per darsela poi a gambe, così iniziarono a far sapere prima alla gente in che cosa si andavano ad infilare. Facevano firmare questi contratti per evitare che le reclute andassero a sbandierare alla tv tutto quel che vedessero. Non volevano certo spaventare la popolazione a causa di un novellino in cerca dei suoi cinque minuti di celebrità grazie a storie di fantasmi e scalinate infestate. Alla fine però, scoprirono che non ce n’era bisogno. Non solo la gente non voleva parlare delle loro esperienze, ma non l’avrebbe proprio fatto. Succedeva delle volte di ritrovarsi dei giornalisti trai piedi quando spariva qualche bambino od alpinista, ma erano tutti muti come pesci. Non saprei spiegarmelo. Suppongo che… nessuno voglia ammettere che ci sia qualcosa di sbagliato. È il nostro lavoro, stare là nei boschi tutto il giorno. Non abbiamo bisogno di sentirci spaventati, e il metodo migliore è fingere che tutto vada bene. Quindi ti dirò tutto quello che riesco a farmi venire in mente, dopodiché ho finito di parlarne per sempre. E mi aspetto che tu non lo faccia sapere in giro, mai. Le scale sono qui sin dalla nascita di queste riserve. Abbiamo documenti che risalgono a decenni fa che le descrivono. A volte le persone vi salgono e non succede nulla. Altre volte... Senti, non mi piace per niente parlarne, ma delle volte succede davvero qualcosa di terribile. Ho visto un tizio perdere la mano una volta arrivato al gradino più alto, tagliata di netto.

Successe tutto così in fretta, l’aveva allungata per toccare un ramo di un albero. Un secondo la sua mano era lì, ed il successivo era sparita. Una ferita completamente precisa. Non l’abbiamo mai più trovata ed il ragazzo quasi morì. Un’altra volta, una donna toccò una delle scale ed un vaso sanguigno nel suo cervello esplose. Letteralmente, come un gavettone. In qualche modo inciampò e mi finì addosso, e tutto quello che riuscì a dire fu “non penso di sentirmi molto bene”. Poi si lasciò cadere come un sacco di farina, morta prima ancora di colpire il terreno. Non dimenticherò mai il modo in cui il sangue filtrò all'interno dei suoi occhi. Prima che morisse, li ho visti diventare del tutto rossi. Successe davanti a me e non potetti fare niente per aiutarla. Avvertiamo la gente di non avvicinarsi ad esse ma c'è sempre almeno un idiota che lo fa. E anche se non succede nulla a loro, accade sempre qualcosa di brutto. I bambini scompaiono mentre siamo sulle loro tracce. Qualcuno muore il giorno dopo, tagliato a metà in una parte del parco completamente sicura. Non so perché, ma succede sempre qualcosa di brutto. Non so esattamente cosa ci facciano qui, ma non importa. Stanno qui e, se fossimo intelligenti, diremmo ai nostri nuovi ufficiali con esattezza di che cosa son capaci>. Rimanemmo entrambi zitti per un po’. Avevo paura di aprir bocca perché non ero sicura che lui avesse finito. Sembrava che volesse dire qualcos'altro. Finalmente parlò di nuovo. <Hai mai notato come non se ne trovano mai due identiche?>

Annuii, aspettandomi che continuasse. Rimase in silenzio, camminando al mio fianco, ma alla fine iniziò a raccontarmi del più grande cervo che avesse mai visto nel parco. Non ho sollevato di nuovo l'argomento, e non l'ho pressato per avere altre storie. Ha lasciato l’allenamento il giorno successivo. A quanto pare se n’è andato prima che sorgesse il sole, dicendo che era malato. Nessuno di noi l’ha più sentito da allora.

Mi fermerò qui per il momento. Proverò a postare la prossima parte nei giorni a seguire, ma con la fine dell'estate il lavoro diventa più impegnativo. Grazie per il continuo interesse ragazzi, avete davvero risvegliato questa curiosità in me che non sapevo di avere!

Capitolo 5[]

Mi scuso per il breve update ragazzi. Le cose sono diventate un po' folli qui, e non so quanto spesso potrò aggiornarvi in futuro. Apprezzo molto tutto il supporto che mi avete dato, e anche se ho solo un paio di storie da condividere con voi, sono interessata a vedere cosa ne pensate!

• Un pompiere che ci stava aiutando durante l'addestramento mi ha parlato di un’operazione alla quale aveva partecipato, presumibilmente per aiutare a salvare un bambino da un albero estremamente alto. Ha detto che non gli avevano fornito i dettagli, solo che avevano bisogno che andasse lui a dare una mano, perché mancava l'attrezzatura adeguata. Era stato chiamato appositamente perché l’albero era così grande che i SAR non si sentivano sicuri ad arrampicarsi. Aveva avuto un passato da taglialegna prima di unirsi al VFD, quindi era abbastanza facile per lui prendere la sua vecchia attrezzatura ed andare in aiuto. Viaggiarono per circa due miglia, poi la squadra si fermò presso uno degli alberi più grandi della zona. Lui ridette e chiese al capitano come aveva fatto un ragazzo ad arrivare fin lì, fece la vecchia battuta del “gatto sull’albero”, ma il capitano scosse la testa e gli disse solo di salire e farlo scendere. Sapeva che c'era qualcosa che non andava, ma non capiva bene cosa. Mi ha raccontato che mentre si arrampicava su quest’albero, ha iniziato a chiedersi se non si stessero forse prendendo gioco di lui. <Era impossibile per un ragazzino essere in grado di scalare quel fottuto albero. Era massiccio alla base, ma verso la metà aveva iniziato a ridursi, e delle volte ero quasi tornato indietro perché non pensavo avrebbe retto il mio peso>.

Ma proseguì la scalata, e una volta giunto in cima, vide qualcosa di blu tra i rami. <Era la camicia del bambino impigliata tra le fronde, così lo chiamai, dicendogli di venire vicino a me se ci riusciva, ma non rispose. Continuai a muovermi, chiamandolo per nome e dicendogli di non aver paura, che io ero lì per aiutarlo. Ma quando arrivai da lui, capii che non mi avrebbe risposto. Lo trovai, o meglio, trovai ciò che restava di lui, incastrato nella biforcazione di un ramo, e il fatto che fosse lassù era stato un colpo di fortuna. Se fosse caduto in un altro modo, sarebbe precipitato giù. Non avrebbe comunque avuto importanza, perché era morto molto prima di finire su quell'albero. Non so chi l'abbia messo lì, o come, o perché, ma quella scena era fottutamente malata. Gli intestini erano fuoriusciti dalla sua bocca e pendevano tra i rami. Sembrava un disturbante albero di Natale, per il modo in cui si avvolgevano su tutto il corpo. Guardai meglio e notai che erano usciti anche dal sedere; le sue budella stavano appesantendo il fondo dei pantaloni. I suoi occhi erano spariti, presumo spinti fuori da qualsiasi forza lo avesse stretto come fosse una cazzo di palla antistress. Poi, hai mai visto in un corpo che galleggia nell'acqua per molto tempo, come la sua lingua si gonfia e sporge? La sua era così. Lo ricordo perché c'erano mosche che volavano dappertutto. Penso mi abbia davvero scioccato, perché... diamine, ho spinto giù quel ragazzo con un ramo che avevo spezzato. L’ho colpito un po’ fino a farlo cadere. Non so perché lo feci... quasi mi fece perdere il lavoro. Ma l’idea di trascinare quel ragazzino giù sulle mie spalle per tutto il tempo, raccogliendo le sue viscere ed avvolgendole attorno come una fune in modo che non si impigliassero… Non ci sarei riuscito.

Ho visto molti bambini morti. Più di quanti vorrei ammettere. Ne ho visto uno che si era nascosto in una vasca da bagno piena durante un incendio in casa; venne bollito vivo, trasformandosi in zuppa, letteralmente. Ma questo… non so cosa abbia fatto, ma il pensiero di toccare il corpo di quel ragazzo mi ha fatto pensare di stare per impazzire. Lo sentii colpire il terreno e pensai che tutti sarebbero sobbalzati, ma quando mi hanno mandato lassù già sapevano che era morto. Non dissero nulla, non urlarono, né si spaventarono o altro. Arrivai fino in fondo e guardai in faccia il capitano, chiedendogli che pensavano di fare mandarmi lassù quando sapevano dannatamente bene che il ragazzino era già morto. Ma lui mi rispose che non era affar mio, e mi ringraziò per aver portato giù le prove. Ricordo bene che lo disse, in particolare perché era stato formulato in quel modo così strano. “Le prove”. Come se non fosse nemmeno una persona. Come se non fosse mai stato un bambino che si era perso e a cui era capitata una cosa fottutamente inenarrabile. Il capitano mi fece scortare fuori dal bosco, ma lui ed altri due rimasero indietro, e pensai che fosse strano. Perché poi non hanno chiesto il mio aiuto per portare via il corpo? Provai a domandarlo, ma i ragazzi della scorta mi risposero che non potevano discutere di un caso aperto>. Gli ho chiesto cosa pensava fosse successo al povero ragazzo, e lui ci ha riflettuto per un po’. <Avrei detto una ferita da schiacciamento, basandomi su come le sue budella fossero fuoriuscite in quel modo, ma di solito con quelle ferite si vedono massicce contusioni sottopelle e traumi evidenti. Qui no. Era quasi come se quel bambino fosse incappato in un enorme risucchio che gli avesse aspirato via le interiora. Ma anche in quel caso, non c'era nessun segno. Proprio niente. Mi disturba credimi. Davvero tanto>.


• Uno dei veterani al corso di formazione legge NoSleep ed ha riconosciuto le mie storie. Mi conosce abbastanza bene e così ci siamo scambiati altri racconti. Mi ha chiesto se potesse raccontarmi qualcosa che ha notato sulle scale e alcuni pensieri che ha avuto. <Sono davvero contento che tu abbia deciso di condividerle. Penso sia importante che le persone siano consapevoli di ciò che c’è là fuori, soprattutto perché il Servizio Forestale sta facendo un ottimo lavoro nel coprirlo>. Gli chiesi che cosa volesse dire. <Cosa intendo? La mancanza di qualsiasi attenzione da parte dei media? Nessuna informazione riguardo i bambini scomparsi o i corpi ritrovarti a chilometri da dove si erano persi? Per David Paulides è come un chiodo in testa, il SF sta facendo tutto il possibile per far sì che la gente venga qui, anche se non è sicuro. Voglio dire, ad essere onesti, non è che queste cose accadano ogni giorno. Ma i numeri si sommano e vale la pena di esaminare la faccenda. Soprattutto le scale. Sono rimasto sorpreso che tu non abbia menzionato quelle capovolte>. Non sapevo di cosa stesse parlando, non mi pareva proprio di averle sentite prima. Lui sembrava un po’ incredulo. <Oh, non posso credere che tu sia stata così a lungo senza vederle. Nessuno te ne ha parlato?> Scrollai le spalle e lo invitai ad elaborare.

<Beh, ci sono le scale normali, quelle che saltano fuori quando siamo in giro. So che ce le hai presenti. Ma talvolta mi sono imbattuto anche in quelle che sono capovolte. Immagino sarebbe come se avessi una casa per le bambole e le scale fossero un pezzo separato. Ora, prendi quel pezzo, rigiralo in modo che il gradino più in alto si blocchi nella sporcizia e mettilo fuori nel bosco. Sono così. Non le vedo spesso, ma sono strane, per non dire altro. Mi fa pensare a quei reportage dopo un tornado, quando le case sono tutte distrutte e solo qualche cosa è rimasta in piedi, come camini o staccionate. Quelle scale mi fanno impazzire di più di quelle normali perché non riesco davvero a farmene una ragione>. Non sono una che si spaventa facilmente, come la maggior parte di coloro che lavorano qui, ma quell'immagine mi è rimasta impressa, e m’inquieta. Cercherò di scovare qualcosa di più sul loro conto. Gli menzionai anche delle storie sull’uomo senza volto. Si entusiasmò e mi disse che aveva visto qualcosa di simile.

<Ero fuori per un allenamento qualche anno fa. Mentre ero accampato nella mia tenda sentii qualcuno andare in giro fuori dal campo. Ci era stato detto di non girovagare lontano, cosa che immagino tu sappia, quindi mi chiesi se non fosse forse un novellino che si era alzato per fare pipì e non riusciva più a trovare la strada per tornare indietro. Ricordi quel ragazzo del nostro gruppo di qualche anno fa che quasi cadde giù dalla cazzo di montagna? Beh, sono paranoico e non volevo succedesse di nuovo, così mi alzai per vedere cosa stesse succedendo. Andai verso i bordi dell'accampamento ed urlai a chiunque fosse là fuori che il campo era nell’altra direzione.

Ma si addentrò ancor di più nel bosco, così lo inseguii. So che è stato stupido ma ero mezzo addormentato e davvero non volevo fare i conti dopo con qualche idiota ferito. Gli stetti dietro lungo un percorso rettilineo per circa un miglio, dopodiché si fermò sul bordo di un fiumiciattolo. Potevo vederlo perché l'acqua stava riflettendo la luna, e sembrava proprio un ragazzo normale. Aveva una specie di zaino, e mi pareva stesse voltato verso di me. Gli chiesi se stesse bene, se avesse bisogno d’aiuto, e di tutta risposta piegò leggermente la testa come se non mi capisse. Porto sempre con me il mio coltellino svizzero, a cui è attaccata anche una piccola torcia, così l’accesi e la puntai addosso al suo petto, in modo da non accecarlo.

Respirava lentamente e profondamente, quindi mi chiesi se non fosse sonnambulo. Mi avvicinai e gli domandai di nuovo se stesse bene. Alzai un po’ la luce, ed ebbi la sensazione che qualcosa non andasse, così mi fermai. Continuava a respirare in questo modo lento e profondo, e in un certo senso compresi gradualmente che era proprio quello a disturbarmi. Era come se stesse fingendo di respirare. I suoi respiri erano troppo uniformi e profondi, e tutti i suoi movimenti erano esagerati, dalle spalle che si alzavano alla contrazione del petto.

Gli dissi di identificarsi, ed emise in risposta un rumore attutito. Spostai nuovamente la luce e ti giuro, questo ragazzo non aveva un volto. Solo pelle liscia. Mi spaventai e la mia torcia tremò, ma lo vidi chiaramente avvicinarsi, senza però muoversi davvero... Non so come spiegarlo, ma un secondo prima era sul bordo del fiume e quello dopo era ad un metro da me. Non ho mai distolto lo sguardo o sbattuto le palpebre, era come se si muovesse così in fretta che il mio cervello non riuscisse a tenere il passo. Inciampai e caddi di sedere, e fu lì che questa linea si aprì sulla sua gola. Si allungò fino alle orecchie mentre la sua testa si inclinava all'indietro: ghignò con la gola. Non c'era sangue, solo questo buco nero, e giuro che mi ha sorriso con quel dannato squarcio sul collo. Mi alzai e corsi il più veloce possibile per tornare al campo. Non lo vedevo inseguirmi, ma percepivo la sua presenza dietro di me, anche se quando guardavo indietro non riuscivo a scorgerlo. Mi calmai solo una volta arrivato; il fuoco stava ancora ardendo ed immagino che la “mentalità da branco” mi tranquillizzasse un po’. Aspettai accanto al focolare per vedere se mi avrebbe raggiunto, ma per alcune ore non successe niente, quindi tornai a letto. So che sembra strano, ma suppongo che l'intera faccenda fosse così surreale che la mia mente l’abbia etichettata come frutto della mia immaginazione quasi subito>.


• Una notte, prima di andare a dormire, stavamo raccontandoci storie di fantasmi solo per il gusto di terrorizzarci a vicenda e prendere in giro chiunque si spaventasse. Il più delle volte si trattava dei principianti, ma una donna ha raccontato una storia che in realtà è riuscita a far venire i brividi anche a me, e so che lo stesso valeva anche per gli altri. Ha detto che si trattava di una storia vera, ma come ben si sa, ogni racconto di fantasmi attorno ad un falò viene spacciato per tale. In qualche modo, però, non penso che se la stesse inventando. C’era nelle sue parole quella punta di verità che solo gli eventi davvero traumatizzanti hanno. Ha iniziato dicendo che quando era bambina lei e una sua amica uscivano spesso nei boschi dietro casa sua. Viveva nel nord del Maine, dove c'è molta foresta nazionale densa e disabitata. A suo dire, i boschi lassù non sono come qui. Sono così fitti in alcuni punti che gli alberi bloccano il sole quasi completamente. Lei e la sua amica sono cresciute lì, quindi non avevano paura di stare là fuori da sole, ma hanno sempre mantenuto una certa prudenza in quelle aree. Nonostante non fosse mai stato davvero raccomandato loro, hanno sempre saputo di non doversi spingere oltre un miglio o due dalle loro case. Gli adulti non hanno mai spiegato il perché, ma era una sorta di regola non scritta che nessuno si dovesse avventurare tanto lontano. Lei e la sua amica fantasticavano su storie di orsi grandi come case che vivevano là fuori, e si spaventavano a vicenda nascondendosi ed emettendo ringhi mentre una delle due cercava l’altra. Un’estate, ha raccontato, ci fu una serie di terribili tempeste che spazzarono via un sacco di alberi, e che incendiarono una parte della foresta a pochi chilometri da casa sua. I vigili del fuoco riuscirono ad intervenire, ma lei aggiunse che alcuni di loro tornarono “non proprio come prima”.

<Era come se fossero stati in guerra. Potevi distinguere chi era rimasto traumatizzato perché avevano tutti lo stesso sguardo sui loro volti, penso che si chiami “shell-shock”. Io e la mia amica li vedevamo camminare come cadaveri. Non sorridevano e non dicevano nulla nemmeno se li raggiungevi curioso di ascoltare la loro esperienza, e la maggior parte di loro lasciò la città non appena tutto finì. Chiesi ai miei genitori, ma risposero che non sapevano di cosa stessi parlando. Una volta che fu dichiarato che i boschi erano di nuovo sicuri, io e la mia amica decidemmo di provare ad andare dove si era scatenato l’incendio. Non avvisammo i nostri genitori della nostra meta, e fu piuttosto eccitante disobbedirgli in quel modo. Facemmo un'escursione di circa due miglia o giù di lì, e incominciammo a vedere i primi alberi bruciati. Ricordo che la mia amica si arrabbiò tantissimo perché trovammo lo scheletro di un cervo rannicchiato sotto un arbusto, e dovetti praticamente trascinarla via. Lei voleva seppellirlo, ma io non volevo che lo toccasse: le sue corna erano strane. Non saprei dire il perché, ricordo solo che c'era qualcosa di sbagliato in loro e che non volevo che nessuna di noi ci si avvicinasse. Più proseguivamo, più tutto diventava carbonizzato. Alla fine, non c'erano più alberi in piedi, e pareva di essere su un altro pianeta. Quasi nulla di verde, solo marrone e nero ovunque. Eravamo lì a guardare il tutto quando sentimmo qualcuno gridare in lontananza. Mi feci prendere dal panico perché pensavo fosse mio padre che stava per dirmi che ero nei guai. La mia amica sussultò e andò a nascondersi dietro un grosso masso, spiegandomi che non voleva farsi vedere. I suoi genitori le avevano proibito di uscire nei boschi, così lei aveva mentito dicendo che stavamo andando a vedere un film.

L'ho seguita e abbiamo iniziato ad ascoltare. Potevo sentire questa voce avvicinarsi e mi resi conto che stava chiedendo aiuto. Pensai che forse era un escursionista che si era perso e aveva bisogno di indicazioni per tornare in città. Succedeva sempre, quindi ero abituata ad aiutare le persone. Inizia a gridargli di seguire la mia voce, finché non lo vidi correre in lontananza. Si avvicinò e potei vedere che la sua faccia era tutta rossa. Chiesi alla mia amica di darmi il suo zaino, perché aveva un kit di primo soccorso. Lei emise un rumore come di disgusto e mi domandò se avessi visto la sua faccia. La zittii, e mi avvicinai per incontrare quel ragazzo. Ma mi bloccai a circa metà strada quando mi si parò davanti e vidi chiaramente che il suo naso, le sue labbra e parte della sua fronte erano spariti. Era come se fossero stati tagliati a pezzi. Stava sanguinando tantissimo, e notai che anche all’altezza delle ginocchia i suoi pantaloni erano intrisi di rosso. Feci un passo indietro ma ero troppo spaventata per muovermi oltre, e lui mi afferrò per le spalle. Mi prese un colpo, e lui si tirò indietro. Cominciò a farfugliare, e non riuscii a capire cosa stesse dicendo, a parte il fatto che continuava a chiedermi da quanto tempo fosse sparito. Mi domandò dove fosse “la sua unità”, ma in risposta scossi solo la testa. Mi scrutò, ed una volta visto il mio walkman prese a gridare.

Ricominciò a balbettare e a toccarsi la faccia, e fu allora che capii che non indossava degli abiti normali. Aveva dei pantaloni quasi formali ed una specie di giacca di stoffa grigia sulla quale erano posizionati questi strani bottoni e degli orli rossi. Continuai a scuotere la testa, ripetendo che non riuscivo a capire cosa stesse dicendo. Aprii il kit di pronto soccorso ma lui gridò di nuovo ed aggiunse l'unica frase che compresi davvero: “Non toccarmi! Mi farai tornare laggiù!”. Dopodiché, scappò, e lo sentii strepitare per tutto il tempo. Quando le sue urla non riecheggiarono più, mi voltai verso la mia amica, che stava piangendo. Ci incamminammo verso la città. Mi chiese ripetutamente cosa fosse successo e chi era il tipo, ma non replicai. Quando arrivammo a casa, le dissi che non volevo più giocare nel bosco. Siamo ancora amiche, ma quel ragazzo è un argomento tabù. Non ne parliamo mai>.

Aggiornerò appena potrò ragazzi. Apprezzo il vostro continuo supporto!

Capitolo 6[]

Mi dispiace sia passato così tanto tempo dall’ultima entry. C’è stata anche un po’ di confusione riguardo ai nuovi requisiti di formattazione ma sono riuscita a risolvere tutto. In ogni caso, questi prossimi racconti saranno postati in maniera un po’ diversa! Saranno in ordine cronologico, e farò del mio meglio per riuscire a collegarli nel modo più organico possibile, così da evitare di saltare da una testimonianza all’altra troppo spesso.

All’inizio, quand’ero una recluta, nessuno mi parlò delle stranezze che potevano capitarmi sul posto di lavoro. Penso perché volessero evitare di spaventarmi o farmi abbandonare il parco. Ma già pochi mesi dopo, mentre ero ancora una novizia, un mio amico, ad una festa dov’eravamo entrambi ubriachi, si aprì con me: <Già, immagino succedano cose pazze là fuori. Le peggiori sono quelle dove la gente muore anche se non dovrebbe, mi segui? O quando le ritroviamo prive di vita nonostante siano state avvistate da qualcuno solo pochi minuti prima. “Stavano bene quando li ho visti sulla strada del ritorno, lo giuro!”, questo genere di merdate. Tipo, prendi quest’uomo trovato accasciato nei pressi di quel sentiero molto popolare. Qualcuno si allontana per andare al bagno giusto per ritornare sconvolto blaterando di un tizio disteso per terra in una grossa pozza di sangue. Così corriamo a vedere e lo troviamo morto stecchito. E mi sarei stupito del contrario visto che la sua testa sembrava un purè di patate. Il cranio era frantumato e le cervella gocciolanti come fossero mostarda. Era vecchio, il primo pensiero fu quello di una brutta caduta contro una roccia più sporgente delle altre. Si sentono spesso storie di anziani che scivolano, non è sorprendente.

Eccetto che l’area dove è caduto non fosse sassosa. Non ci sono nemmeno radici o grossi rami. E come se non bastasse, non c’era nessuna scia di sangue, quindi deve essere per forza morto là dov’era accasciato. A questo punto si pensa subito ad un omicidio, ma c’erano molte persone a poca distanza da lì. Se qualcuno l’avesse sorpreso da dietro, non è possibile che nessuno l’abbia sentito. Inoltre, anche se fosse andata così, avremmo dovuto trovare delle macchie di sangue sparse nei dintorni. Tutti i presenti si ritrovarono concordi nel dire che sembrava proprio fosse caduto ed avesse sbattuto la testa contro una roccia. Ma quindi, cosa diavolo ha colpito? Che dire poi di quella ragazza in quell’altra riserva circa cinque anni fa, quando lavoravo su a nord.

La trovammo al centro di un boschetto di ginepri, arricciata attorno ad un tronco, come se l’abbracciasse. Cerchiamo di spostarla, ed una cazzo di cascata le esce dalla bocca, finendo sulle mie scarpe. I suoi vestiti ed anche i capelli erano del tutto asciutti, ma la quantità d’acqua nelle sue interiora era impressionante. Qualcosa di veramente surreale. Il rapporto del medico legale? Causa della morte: annegamento. I suoi polmoni erano completamente pieni d’acqua. Tutto ciò nonostante ci trovassimo nel bel mezzo dell’High Desert, a chilometri di distanza dal primo specchio d’acqua. Niente pozzanghere né nient’altro. Nemmeno un indizio che indicasse la presenza di qualcun’altro là fuori. Poi certo, rimane ancora la possibilità che entrambi siano stati assassinati. Ma perché in quel modo? Perché invece non pugnalarli e basta? Non so davvero che pensare, se non che mi inquieteranno a vita>.

Ovviamente questo racconto mi spaventò un pochino. Ma eravamo brilli, ed è già un colpo di fortuna che sia riuscita a ricordarmelo così bene e metterlo per iscritto. Immaginai poi potesse aver ingigantito i fatti, sempre a causa dell’alcol.

Ora, beh, non mi piace molto parlare di questo prossimo caso. Fu terribile e ho fatto del mio meglio per scordarmene, ma ovviamente è più facile a dirsi che a farsi. È accaduto circa sei mesi dopo la conversazione di prima, e fino a quel momento non avevo ancora sperimentato troppi eventi strani. Qualcosina qui e là, ed ovviamente le scale, ma è incredibilmente facile abituarsi a certe cose quando vengono trattate come normali. Questo caso però fu leggermente diverso.

Un ventenne con la Sindrome di Down scomparve nei pressi di un grosso sentiero durante una momentanea distrazione da parte della sua famiglia. Era già bizzarro di per sé, visto che non si allontanava mai dalla madre. Lei era assolutamente convinta che fosse stato rapito, e sfortunatamente un ranger, che oggi non lavora più con noi, insinuò che nessuno avrebbe rapito qualcuno… beh, con quel tipo di disabilità. Non ci andò molto di tatto, per non dire altro. Abbiamo perso un sacco di tempo per calmarla abbastanza da poter raccogliere delle informazioni utili, e poi abbiamo subito diramato una segnalazione per persona scomparsa. Per via dell’urgenza della situazione, non essendo capace di badare a se stesso, abbiamo anche chiesto aiuto alla polizia locale. Non riuscimmo a trovarlo la prima notte, il che ci spezzò il cuore. Nessuno voleva pensare a quel poveretto là fuori da solo. Ipotizzammo che avesse continuato a vagare, restandoci sempre un passo avanti. Il giorno dopo usammo degli elicotteri, e grazie ad essi lo rintracciammo in un piccolo canyon. Ho aiutato personalmente a portarlo a bordo, ma era ridotto male, e tutti noi sapevamo che non ce l’avrebbe fatta.

Era caduto e si era rotto la spina dorsale, non si sentiva più la metà inferiore. Si era fratturato anche entrambe le gambe, di cui una all’altezza del femore, ed aveva perso parecchio sangue. Era confuso e spaventato, probabilmente peggiorò anche le sue ferite trascinandosi di qua e di là prima di venire trovato. So che sembra brutto, ma mentre ci trovavamo sull’elicottero gli chiesi perché era scappato. Volevo poter avere qualcosa da dire a sua madre, per farle sapere che non era colpa sua, perché stava morendo in fretta e lei non avrebbe potuto domandarglielo di persona. Piangeva, e mugugnò qualcosa su come il “piccolo bambino triste” volesse giocare assieme a lui. Diceva che il piccoletto voleva “scambiare” così da poter “tornare a casa”. Allora lo convinse a chiudere gli occhi e dopo si ritrovò nel canyon. Non sono state le sue parole esatte, ma penso che il succo fosse questo. Continuò a piangere, chiedendo dove fosse la sua mamma. Gli strinsi la mano facendo del mio meglio per calmarlo. <Faceva freddo laggiù> continuava a ripetere.

<Faceva freddo laggiù. Le mie gambe congelate. Faceva freddo laggiù. Fa freddo qui>. Stava sempre peggio, così smise di parlare e chiuse per un po’ le palpebre. Poi, a cinque minuti dall’ospedale, mi guardò dritto in faccia, con questi enormi occhioni lacrimanti, e disse <Mamma non mi rivedrà più. Voglio bene a mamma, vorrei fosse qui>. Poi richiuse gli occhi e… non li riaprì più. Fu orribile, e non mi piace parlarne. Fu uno dei primi casi a scombussolarmi sul serio.

Mi colpì così nel profondo che dovetti chiedere aiuto ad un ranger più anziano. Col passare del tempo ed imparando a conoscerci meglio, mi confessò una delle sue testimonianze. Fu disturbante, ma mi aiutò sapere di non essere l’unica ad essere colpita da ciò che stava succedendo. <Penso sia successo prima del tuo arrivo, perché altrimenti te ne ricorderesti. So che non ne parlarono in televisione, per qualche motivo, ma le persone che si trovano qui da abbastanza tempo conoscono questa storia. Il parco dovette vendere una sua porzione di terra ad una falegnameria, una faccenda molto controversa.

Ma eravamo in stretta necessità di soldi e la zona non era molto grande o storica. Ad ogni modo, erano già cominciati i lavori, quando ricevemmo una chiamata espressa per i nostri superiori. Non so perché, ma finirono per mandare a vedere che stesse succedendo, oltre a loro, anche me ed un altro gruppetto di persone, probabilmente per far numero. Non appena arrivammo, trovammo tutte queste persone attorno ad un albero appena abbattuto.

Li vediamo chi scocciato, chi spaventato, ed ecco il caposquadra che si fa avanti chiedendoci cosa pensiamo di stare a fare. <Che diamine dovrebbe significare, qualche scherzo malato? Avete del coraggio a fare una cosa del genere, abbiamo acquistato questa terra in maniera del tutto legale!>. Noi ovviamente non abbiamo idea di cosa stesse blaterando, così ci accompagna vicino a quell’albero tagliato, indicandolo e dicendoci di averlo trovato esattamente così una volta abbattuto, fossero dannati se stessero mentendo. L’interno del tronco era marcio e cavo, tagliandolo tale cavità è rimasta esposta ed al suo interno giaceva una mano. Non solo, ma sembrava facesse parte dell’albero stesso. Ora siamo noi a pensar male di loro, e gli diciamo che non ci piace essere presi in giro in quel modo, così ce ne iniziamo ad andare quando ci avvisano di aver già chiamato la polizia e che se non rimanevamo avrebbero fatto scoppiare uno scandalo mediatico. Così decidemmo di restare e parlare con gli agenti. Tutti negavano di aver messo quella mano lì, ed inoltre come avrebbero potuto farlo? Era chiaramente una mano vera, ma non mummificata o di uno scheletro. Era fresca, probabilmente vecchia di nemmeno un giorno. Ed era decisamente legata all’albero, la potevi veder uscire fuori dal legno. I boscaioli insistevano nel dire di non essere stati loro. In qualche modo una mano umana è finita fusa all’interno di un albero vivo e vegeto. I poliziotti hanno fatto esportare quella parte di tronco, l’hanno portata via ed hanno recintato la zona. Fu aperta un’inchiesta, ma non riuscirono a trovare alcuna risposta. Ora se ne parla come di questa sorta di leggenda metropolitana, e da allora non abbiamo più venduto nessuna parte della riserva>.

Come sapete, recentemente sono stata ad un seminario di aggiornamento professionale, ed anche lì ho raccolto alcuni racconti incredibili ed orribili. Io ed uno dei ragazzi con cui ho parlato eravamo entrambi abbastanza ubriachi, cosa che dico spesso ultimamente, e ci stavamo scambiando storie. Mi ha detto: <Una sera io ed un collega eravamo andati in ricognizione perché dei campeggiatori ci avevano segnalato dei rumori simili a grida nel bel mezzo della notte. Ci dirigiamo nella zona per controllare se si trattasse di un leone di montagna, ed ero alquanto scocciato. Quell’anno avevamo già avuto a che fare con tre di loro che vagavano vicino alle zone da campeggio, e stavo incominciando ad essere stufo di doverli tenere a bada. In più, non mi piacciono a prescindere. Sono un dito in culo, fanno un sacco di casino e mi spaventano a morte.

Stupidi gatti troppo cresciuti. Dei veri pezzi di merda. Me ne stavo anche lamentando col tipo che mi accompagnava, il quale mi dava ragione. Troviamo dei rami spezzati e quella che pare una tana, così pensiamo di averlo scovato. Faccio rapporto ma mi chiedono una conferma se possibile, che senza mezzi termini significa che volevano immergessi le mie braccia in una grossa pila di merda per usarla come prova. Però non ne vedevo nessuna, così gli dico di farsi bastare quel che avevamo già trovato. Eravamo sicuri che quella belva fosse là fuori, anche senza calpestarne le feci o finire tra le sue fauci. Nel frattempo, la persona che era con me ne approfittò per fare due gocce. Quindi mi feci un giro sul retro, notando una piccola cavità sotto un albero, magari il nascondiglio di una volpe. Cercai di vedere se ce ne fosse qualcuna, perché le amo davvero tanto, le trovo così carine.

In quell’istante sentii dei rami spezzarsi nella direzione opposta a quella presa dal mio partner. Presi subito la pistola, ma sappiamo entrambi che non sarebbe di alcun aiuto contro quei gattoni. Cercai di richiamare il mio collega, ma era troppo distante per sentirmi. Mi girai verso l’origine del suono mentre si faceva sempre più forte, e ti giuro me la sono quasi fatta sotto. C’era questo tizio, e si stava dirigendo verso di me, non solo, ma stava attraversando il bosco a forza di salti all’indietro! Invece di camminare, avanzava facendo questi fottuti back-flips, e credimi stava superando con facilità ogni cespuglio ed arbusto sul suo cammino, come se sapesse esattamente dove atterrare. Gli gridai di fermarsi subito, che si trovava sotto tiro, ma noncurante continuò, ed io non ci vidi più. Gli sparai vicino ai piedi, e fu molto stupido da parte mia, ma non volevo che quella cosa si avvicinasse oltre.

Quando ho sparato si trovava a circa una cinquantina di metri da me, e subito dopo girò i tacchi e se ne tornò nel bosco saltando all’indietro. Il mio partner, sentendo il colpo, corse subito da me chiedendomi che stesse succedendo, così gli raccontai di questo fottuto stramboide salterino e che dovevamo andar via subito. Ho detto tutto anche alla polizia e non ho avuto problemi per aver sparato, ma credimi, non so cosa fosse ma non avevo mai visto niente di simile prima. Quella merda era assurdamente folle>.

Penso possiamo tutti essere d’accordo che qualcosa di strano succede in queste foreste, ed anche se non mi azzardo a fare teorie su cosa possa essere, quel che vorrei che la gente capisse è che è estremamente importante essere prudenti là fuori. So che molti pensano di essere invincibili, ma la cruda verità è che tu PUOI morire, o farti male, o perderti. È molto più semplice di quel che immagini.

Mi scuso se si è trattato di un update relativamente più corto degli altri. Farò del mio meglio per continuare ad aggiornarvi nei tempi più brevi possibili. Grazie per il vostro continuo supporto, significa tantissimo per me!

Capitolo 7[]

Uno dei topic sui quali vengo spesso interrogata, sia qui che nella vita reale, ha a che fare con The Rake, il Wendigo ed altre leggende simili. Onestamente non posso dire di sapere molto al riguardo, ma basandomi su delle letture veloci che ho fatto, posso dire di aver sentito delle storie che sembrano vagamente collegate ad essi. Conoscete tutti il vecchio detto che “ogni leggenda ha un fondo di verità”, e sono sicura che sia così, ma come sapete preferisco guardare certe cose con un occhio critico. Bisogna fare così quaggiù. È come lavorare in un ospedale, almeno credo. Puoi stare a pensare tutto il giorno a quante persone ci sono morte, e a come probabilmente i loro spettri, o come li vogliate chiamare, aleggino nei dintorni, ma non serve a niente. Rende solo più difficile compiere il proprio lavoro. Penso che molti di noi la vedano così, e questo è il motivo per il quale proviamo ad andare al lavoro come se fosse tutto a posto. Se diventi paranoico, non c’è modo di fare dietrofront, e fin troppi cadetti hanno mollato per questa ragione. Il mio parco specialmente sembra avere un tasso di rinuncia molto elevato perché i novellini si spaventano per ogni cosa, e pare che non riescano a buttarselo alle spalle. Bisogna imparare a gestire certe cose ed andare avanti.

Ho parlato un pochettino con KD a proposito della sua esperienza, perché volevo sapere cosa pensasse del Wendigo. Non aveva niente di particolare da dire, a parte che preferiva non pensarci più di tanto, ma mi ha raccontato che un suo amico pensa di aver assistito a qualcosa di simile. Ho contattato questa persona, H, su Skype, ed ha accettato di parlarmi. Era conscio di quel che sto facendo, e non aveva alcun problema a farmi pubblicare la sua storia esattamente come me l’ha descritta:

<Sono cresciuto nell’Oregon Centrale, e lì si trova una riserva naturale chiamata Warm Springs a circa due ore da dove vivevo. Dirò solo questo perché molte persona nella mia area hanno degli amici laggiù, e molti terreni lì appartengono a quella tribù. Quando ero un bambino, ci andavamo spesso a campeggiare. Non nella riserva ovviamente, ma in quella zona, e ho conosciuto molti ragazzini che erano cresciuti là. In particolare strinsi amicizia con uno di loro, si chiamava Nolan, e stavamo sempre insieme quando le nostre famiglie si trovavano nell’area. Anche i nostri genitori fecero amicizia e così si organizzavano per riuscire a campeggiare nello stesso periodo. Rimanevamo circa due settimane, quindi ci ritrovavamo là fuori per un bel po’ di tempo. [Qui gli chiesi se usassero un caravan] Sì, mio padre ne aveva uno, immagino quindi non fosse propriamente andare a campeggio ma spesso prendevamo le nostre tende e le montavamo lontano dal campo per passarci la notte. Non mi piaceva molto dormirci visto che preferisco la vita all’aperto. [Qui abbiamo parlato un po’ di campeggio].

Ad ogni modo, scusa, una volta io e Nolan ci trovavamo proprio là, dobbiamo aver avuto circa dodici anni o giù di lì. Volevamo montare le tende vicino al fiume quella sera per provare un po’ di pesca notturna, penso che ci trovassimo a circa trecento metri dal campo base. Abbastanza lontano da non sentire o vedere nessun altro, questo me lo ricordo bene. Abbiamo passato la maggior parte del tempo a cazzeggiare, non saprei dirti esattamente cosa abbiamo fatto, ma siamo finiti con l’accendere un fuoco e rimasi molto impressionato perché Nolan l’aveva fatto usando questa specie di pietra focaia. Non avevo mai visto nessuno farlo prima d’ora e pensai che fosse molto figo. Lo convinsi ad insegnarmelo e abbiamo anche dato fuoco a qualche cosina, che ripensandoci ora fu molto stupido trovandoci nel mezzo dell’estate, e se non ricordo male l’emergenza incendi era anche ad un livello giallo o arancione. Ma per fortuna non abbiamo causato eccessivi danni, e quando si fece buio ci sedemmo attorno al focolare e parlammo delle classiche cose da dodicenni, non saprei precisamente di cosa però. Ciò che ricordo invece è che all’improvviso si mise a fissare il fiume oltre la mia spalla e mi chiese se riuscissi a vedere qualcosa.

Per come era strutturata la zona, ci trovavamo a quasi tre metri di distanza dal fiume, e stavamo di fronte al punto più largo, quindi eravamo a circa sei metri dall’altra sponda. Nonostante d’estate faccia abbastanza caldo, l’acqua rimaneva gelida, il che è importante.

Ho sbirciato con la coda dell’occhio e sono riuscito a vedere qualcosa immettersi nel fiume dall’altra riva. Da dove ci trovavamo sembrava un cervo ma non ne potevamo essere sicuri a causa del buio. Mi alzai per vederci meglio e notai un paio di corna ramificate, quindi detti per scontato che fosse un daino. Anche se pensai che fosse strano che s’immergesse così nei flutti, e si stava chiaramente dirigendo verso di noi, così chiesi a Nolan cosa pensava avremmo dovuto fare. Stava fissando il fuoco con questa strana espressione e poi mi disse di sedermi e stare zitto, e così feci, perché non lo avevo mai visto comportarsi in quel modo. Mi bisbigliò di ignorare quell’essere e di tornare a parlare come se nulla fosse, ma non mi veniva in mente niente da dire. Così lui iniziò a raccontarmi un certo episodio di un tale show, ma potevo sentire di sottofondo il cervo avanzare nell’acqua, quindi non lo stavo veramente ascoltando, e continuavo a cercare di guardare verso il fiume, ma ogni volta che ci provavo mi dava una botta sul braccio per farmi girare verso di lui. Non ero spaventato, mi ricordo, solo confuso. Ma poi ho sentito l’animale uscire fuori dall’acqua, e riuscii a vedere all’incirca come era fatto, e capii che non si trattava un cervo perché qualsiasi cosa fosse stava camminando su due zampe. Cercai di alzarmi, ora me la stavo facendo sotto, ma Nolan mi ritirò giù e riparlò di questo show con voce ancor più forte, e si capiva che era tanto spaventato quanto me, forse anche di più. Prese un bastone e ravvivò il fuoco, e nel mentre mi bisbigliò di non parlarci per nessun motivo. Vidi quella cosa avvicinarsi, e si fermò esattamente dietro a Nolan. Ero pronto a farmela nei pantaloni, e penso che se fossi stato da solo me la sarei data a gambe, ma non volevo lasciare il mio amico, quindi rimasi immobile lanciandogli rari sguardi. Non era particolarmente alto, ma la sua andatura era completamente sbagliata, come se non avesse un baricentro. Non riesco propriamente a descriverlo, ma era come se fosse sproporzionatamente inclinato in avanti. Rimase lì dietro per parecchio tempo, e alla fine ci ritrovammo senza più argomenti di cui parlare, lì seduti immersi in un silenzio quasi imbarazzante. Il fuoco rumoreggiava, ma mi pareva di sentir parlare quella cosa, con un tono molto molto basso. Non riuscivo a capire cosa dicesse, così mi sporsi un pochino in avanti, ed allora me la feci davvero nei pantaloni quando anch’esso di sporse verso di me. Non riuscii ad osservargli la faccia, ma vidi i suoi occhi.

Erano nebbiosi e bianchi, come in quella scena de “Il Signore Degli Anelli” dove Frodo cade in quel lago e tutti i morti galleggiano verso di lui. A questo erano simili. Tutto ciò che vidi furono questi due pallidi bulbi dietro la testa di Nolan, e le sue corna uscire come dal buio. Non so che faccia feci, ma nello stesso momento sia io che il mio amico corremmo a più non posso il più lontano possibile da lì, e non ci fermammo fino a quando non raggiungemmo il campo base. I miei pantaloni erano zuppi, così li tolsi mentre correvamo e li buttai trai cespugli. Arrivammo entrambi di fronte al caravan di mio padre e non vedemmo più niente dietro di noi, così ne approfittammo per riprendere fiato. Gli chiesi cosa fosse quella cosa, ma non lo sapeva.

Disse che suo nonno lo aveva solamente avvertito che se mai qualcosa si fosse avvicinato a lui mentre si trovava in quelle riserve, non avrebbe per nessun motivo dovuto parlargli od ascoltarlo. Volevo sapere se anche lui lo avesse sentito parlare, e mi rispose che l’unica cosa che comprese fu “aiutarti”. Infine decidemmo di dormire nel caravan con i miei, e la sera successiva ritornammo lì ma non riuscimmo a vedere niente.

Questo mi ricorda sotto vari aspetti del mito del Wendigo. Esiste una frase usata per descriverlo che credo sia perfettamente appropriata, ovvero che il Wendigo è lo “spirito dei luoghi solitari”. So che qualche volta quando mi ritrovo fuori nella foresta, a chilometri e chilometri dal primo essere umano, mi prende questa specie di smania che non riesco propriamente a spiegare. Non so se succede anche a qualcun altro, ma è come questo desiderio di “consumare”. Non che abbia qualche mania particolare, ma è più questa strana, distraente fame che viene da ogni parte del mio stomaco.>

Volevo anche saperne di più a proposito dell’uomo senza faccia, se mi fosse stato possibile, e riuscii a trovare qualcosa di simile. Chiesi in giro nel mio gruppo di amici, ed uno di loro mi disse che quando si trovava fuori nel parco per dei lavori di manutenzione, ha visto qualcosa del genere.

Stavamo cenando tutti assieme in paese, cinque in tutto contando anche me. Quest’amico stava ripitturando una cabina informativa quando sentì un uomo chiedergli delle indicazioni per il campeggio più vicino. Non si voltò perché si trovava sopra la scala, ma gli rispose che non ce n’erano nelle vicinanze, e che se avesse seguito la strada per quattro chilometri ne avrebbe trovato uno in un altro parco. Gli chiese anche se poteva essergli d’altro aiuto ma l’uomo rispose di no ringraziandolo. Il mio amico disse che continuò a dipingere, ma non gli parve d’averlo sentito andar via.

<Quando venne a chiedermi quell’informazione, mi venne la pelle d’oca, ma non ero sicuro del perché. Avevo solo questa disturbante sensazione, e non volevo altro che finire il mio lavoro ed andarmene. Pensai che fosse a causa del fatto che non potessi voltarmi a guardarlo, ma qualcosa mi pareva strano. C’era anche questa singolare puzza nell’aria, fin da prima che lui mi venisse a parlare, tipo sangue secco. Mi ero guardato attorno per cercare di capire cosa la stesse provocando ma non notai niente. Così aspettai che il tipo se ne andasse, ma non lo sentii farlo, il che mi fece pensare che fosse rimasto lì immobile a fissarmi, così richiesi se potessi essergli d’aiuto, ma non rispose. Sapevo che si trovava là però, perché non lo avevo sentito andarsene, così cercai di girarmi sopra la scala per vedere cosa stesse facendo. Ora, ammetto che potevo benissimo aver visto male, ma ti giuro, per quel secondo che riuscii a voltarmi, quel bastardo non aveva un volto.

Come senza faccia. Sembrava quasi concava, e totalmente liscia, e per poco non mi prese un infarto perché non riuscivo a raccapezzarmi di ciò che avevo appena visto. Penso di aver iniziato a dire qualcosa ma ci fu questa specie di POP dentro la mia testa ed improvvisamente mi appariva come una persona normale. Devo aver fatto una faccia perché mi chiese se mi sentissi bene, ed io gli risposi con un veloce “sì, sto bene”. Mi ha richiesto informazioni sul campeggio ed io gli ho riindicato la strada da seguire, ma stavolta rispose “non sono di qui, potresti accompagnarmici?” Ora iniziai davvero ad insospettirmi perché non c’era alcun modo che lui fosse riuscito ad arrivare laggiù senza conoscere la zona. Inoltre, non vedevo nessuna macchina nei dintorni, quindi come era salito innanzitutto? Gli dissi che mi dispiaceva ma non potevo accompagnare nessuno a bordo dell’auto di servizio, ma lui replicò “per favore! Non so davvero dove mi trovo, non puoi aiutarmi ad arrivarci?” Ora mi stavo iniziando a spaventare, e mi chiesi anche se non si trattasse di un qualche tipo di imboscata. Mi offrii di chiamargli un taxi che ce lo avrebbe portato, ma non appena presi il mio cellulare iniziò a dire di no e ad allontanarsi molto velocemente.

Ma non stava uscendo dal parco, stava incamminandosi proprio tra gli alberi ed io non persi tempo e scesi subito e mi misi nella mia auto pronto ad andarmene, fanculo la vernice e tutto il resto. Detti uno sguardo con lo specchietto retrovisore per vedere dove fosse e lo vidi in piedi a ridosso del fitto degli alberi, senza la minima idea di come abbia fatto a ritornarci così in fretta, ma stavolta si vedeva chiaramente che quel bastardo non aveva una faccia. Stava fermo a “fissarmi” andar via, e poco prima che svoltassi alla curva fece un enorme movimento all’indietro, dissolvendosi nella foresta, o almeno mi è parso. Forse era solo buio e lui era bravo a nascondersi, ma sembrava più come se fosse evaporato via.>

Interessantemente, non appena finì di raccontare la sua storia, qualcun’altro se ne uscì con una propria esperienza, ma con un risvolto diverso.

<A dirla tutta, mi è capitato un fatto altrettanto strano qualche tempo fa. Ero fuori a fare qualche ricognizione in dei possibili nuovi sentieri, e mi trovavo nel mezzo del nulla a ragionare sul dove avrebbero potuto sbucare. Non vidi nessun’altro per circa un paio d’ore, quindi non feci molta attenzione a dove andassi, guardavo il terreno per la maggior parte del tempo. Poi improvvisamente, supero questa collinetta e per poco non mi scontro con questo tipo. Era anziano, sulla sessantina, e mi iniziai subito a scusare per essergli andato addosso. Ma poi ho notato la sua faccia, e probabilmente sono passato per un grandissimo maleducato perché mi sono ammutolito e ho cominciato a fissarlo. Mi ci è voluto un secondo per capire cosa mi sembrasse fuori posto, ma la sua testa era enorme. So che pare strano, ma è l’unico modo in cui riesco a descriverla. Non che fosse grossa o qualcosa del genere, era di grandezza normale, ma lo spazio che il suo volto occupava era davvero troppo. Come se prendessi la faccia di qualcuno e la raddoppiassi. Non disse niente, mi fissava solamente, così continuai sui miei passi farfugliando delle scuse, lo sorpassai e tornai al mio lavoro. Ma per tutto il tempo non facevo che guardarmi dietro le spalle, perché ero terrorizzato dall’idea che potesse spuntare all’improvviso accanto a me. So che è ridicolo, ma giuro che è stata una delle cose più inquietanti che abbia mai vissuto.>

Dopo un po’ ho condotto l’argomento del discorso sulle scale, e ci fu un vero e proprio cambio d’umore. Nessuno parlò all’inizio; sono circondate da un vero e proprio tabù, anche quando non ci troviamo sul posto di lavoro. Fui io stessa a rompere il ghiaccio con una storia che conoscevo, dopodiché l’uomo che ci aveva raccontato del senza-faccia ci parlò anche di quest’altro avvenimento, sebbene a voce molto bassa.

<Un paio di anni fa, stavo campeggiando con la mia ragazza, e ci trovavamo a circa due chilometri dalla strada in un sito di mia conoscenza. Andammo a dormire quella notte, ma non ci riuscimmo perché-“

A questo punto qualcuno ne approfittò per commentare scherzosamente la cosa, e siamo andati pericolosamente vicini a cambiare discorso, ma riuscii a recuperarlo in tempo.

<-sì, molto divertente, idiota. No, il motivo era questo persistente suono di macinazione. Mio fratello aveva l’abitudine di digrignare i denti nel sonno, e mi ricordò molto quel rumore. La mia ragazza era spaventata ma io continuavo a dirle d’ignorarlo perché era il modo migliore per non sentirlo. Se ne va via alla fine, sapete cosa intendo>.

Sapevamo tutti cosa intendesse.

<Così alla fine riuscii a convincerla ad andare a dormire, ma circa due ore dopo mi svegliai a causa di questa strana sensazione che qualcosa non andasse. Mi voltai ma non la vidi, e mi prese un colpo perché…>

Ci pensò sopra per un attimo e poi buttò giù un lungo bicchiere.

<Ad ogni modo, sono uscito dalla tenda per chiamarla, ma non dovetti andare lontano. Si trovava in piedi ai lati del campo, ferma a guardare qualcosa in mezzo agli alberi e si poteva vedere benissimo quanto fosse pallida. Il fuoco era basso, ma abbastanza forte da illuminarla. Comunque, sono corso a vedere cosa stesse succedendo e sembrava addormentata, ma con gli occhi aperti. Aveva quest’aria molto spaesata, avete presente? Quindi misi il mio braccio attorno a lei per guidarla di nuovo in tenda, ma non si muoveva. Disse solo a voce bassissima qualcosa del tipo “ora devo andare, Eddie. Devo andare, è qui”. Io invece gli continuavo a ripetere “sei sonnambula, torna a dormire” ma non si spostava. Non faceva altro che rimanere lì e dire che doveva andare. Così mi girai a vedere che stesse fissando, e c’era una fottuta scalinata proprio lì a tredici metri di distanza. Grigia, di calcestruzzo. Subito dopo iniziò ad andarci incontro ma l’ho spinta indietro svegliandola nel mentre. Mi guardò come per chiedermi che stesse accadendo e perché non si trovasse in tenda. Non gli dissi niente, a parte che stava camminando nel sonno. Lo strano rumore di macinazione era sparito, così se ne tornò in tenda con me e si riaddormentò. Non so… non mi piace ripensarci, capite no?>.

Tutti noi capimmo appieno.

<Vi ricordate di quel ragazzino con… non ricordo cosa fosse, qualche tipo di malattia al cervello, non la Sindrome di Down ma qualcosa del genere>. Disse qualcun’altro. <Beh, mi è capitato di leggere il rapporto che stilarono una volta ritrovato una settimana dopo la sua sparizione ed era sconvolgente oltre ogni immaginazione. Insomma, lo dovete prendere con le pinze dal momento che non sappiamo per bene cosa lui pensi sia vero o no, ma alcune cose, non penso che le avrebbe potute inventare>.

chiesi.

<Ecco, innanzitutto ha menzionato le scale. Ha detto che stava osservando suo padre mentre cercava di accendere un fuoco ed esse “gli sono venute incontro”, e doveva salirci o qualcosa di terribile sarebbe successo. La polizia non capì esattamente di cosa stesse parlando dopo di ciò, perché non faceva altro che ripetere “come il focolare” ancora e ancora. E parlò di suoni, ma non sapeva dire di che tipo, solo che erano talmente forti che dovette coprirsi le orecchie con le mani per non sentirli. Ma la cosa che ricordo più chiaramente è quando gli chiesero dove era andato di preciso, e lui risposte che si trovava proprio lì. Continuava ad indicarsi, e dissero che probabilmente significava che non pensava di essere mai sparito. Disse di non essersi spaventato perché le scale erano con lui e gli parlavano, ma non come fanno le persone. Come vi avevo detto, era davvero contorto e difficile da comprendere, e penso che gli agenti non abbiano afferrato la maggior parte della testimonianza. Alla fine conclusero che il ragazzo avesse sperimentato qualche tipo di amnesia o fuga psicogena, e che non stesse prendendoli in giro. Ciò però non spiega come abbiano fatto a ritrovarlo una settimana dopo senza acciacchi, completamente pulito e ben nutrito, ma ehy, quello che dicono gli sbirri è ciò che conta>.

Ci sono ancora così tante domande alle quali vorrei una risposta. Continuerò ad investigare come posso. La prossima entry non dovrebbe prendermi molto tempo, grazie per essere così pazienti. Mi potete trovare anche su Tumblr all’indirizzo searchandrescuewoods.tumblr.com

Capitolo 8[]

Questo sarà per ora il mio ultimo aggiornamento.

Le cose sono degenerate ad un punto tale che non avevo previsto. Non pensavo a quanto condividere quel che succede qui avrebbe potuto influenzare ogni singola parte della mia vita, e probabilmente è stato stupido da parte mia. Forse avrei dovuto prenderlo più seriamente in considerazione, ma in tutta onestà pensavo di scrivere di cose che sarebbero interessate a poche persone. Non credevo che avrebbe attirato così tanta attenzione.

La gente mi interroga sulle scale adesso. Non succede ogni giorno, ma quando avviene non so proprio cosa dire. I miei superiori hanno sentito che qualcuno ne sta parlando, e sono sicura che se è arrivato fino a loro, lo sanno anche le alte sfere. E vi posso assicurare che non ne sono felici. Sono stata formalmente intimata a non parlarne con nessuno mai più, che è anche una delle ragioni per le quali questo sarà l’ultimo update. Non voglio rischiare il mio lavoro a causa di questo; per quanto mi sia piaciuto finalmente poter condividere queste cose, io ancora amo essere una SAR, ed è necessario che mi trovi là fuori. Dopo tutto, sapere come stanno le cose è una motivazione più che sufficiente per rimanere. Non potrò avvertire la gente della loro presenza, ma se le dovessi vedere, posso almeno dirigere il traffico in una zona più sicura.

A causa della grande attenzione che le storie hanno accumulato, ne ho sentite un sacco venir fuori di qua e di là. Ne ho ascoltate così tante che non le ricordo nemmeno tutte. Mentre quelle che mi sono rimaste impresse spero di dimenticarle.

Una di queste riguardava una ragazza scomparsa nel nord dello stato. Inizialmente, tutti hanno pensato che fosse in fuga da casa. Non veniva da una bellissima situazione familiare, e quindi non sorprese che avesse deciso di andarsene. Ma delle persone iniziarono a riportare di averla vista vicino al parco poco prima di scomparire, così dei ranger vennero mandati a controllare che non si fosse impiccata o chissà cos’altro. Ci volle un po’, ma la ritrovarono. Beh, non tutta. Solo metà della lingua e un quarto della mandibola. Dei tagli netti, da ciò che ho sentito. Non ritrovarono mai il resto del corpo.

Così tante storie parlavano di ragazzini. Molti che si perdevano solo per essere ritrovati dentro a delle caverne, impossibilmente incuneati in spazi troppo stretti. Altri sulle vette delle montagne, o in fondo a dei burroni. Senza scarpe o calzini, oppure con entrambi in perfette condizioni nonostante si trovassero a chilometri e chilometri di distanza dal luogo della sparizione.

Fin troppi racconti di “bambini dagli occhi neri”, vaganti nella foresta, che ti chiamano nel cuore della notte, imitando il rumore dell’acqua o il ruggito della lince. Un uomo in particolare è andato ad ogni programma tv disposto a dargli retta per raccontare la stessa storia. Stava dando la caccia a dei cervi, accampato in un’area piuttosto remota, quando una notte si è svegliato udendo raschiare contro la sua tenda. Pensò si trattasse di un procione o una volpe, fino a quando quella cosa non ha premuto il proprio volto sopra l’entrata della tenda, permettendogli di distinguere un naso ed una bocca umani. Gli ha dato un calcio, che lo fece ritirare e scomparire prima che l’uomo potesse uscire armato di pistola. Sparò due colpi d’avvertimento, e quando il rumore si smorzò, udì un ramo spezzarsi dietro di lui. Una figura umanoide si trovava ai bordi del campo.

Non era vestito ma non era nemmeno umano. Per come lo descrisse questo cacciatore, quest’essere era formato da qualche tipo di amalgamazione di carne cruda e peli. Come se qualcuno avesse raccolto quelle carcasse degli animali investiti e le avesse modellate in forma umana. La faccia era increspata ed assomigliava solo vagamente ad un approssimato volto. La cosa aprì quella sua asimmetrica bocca, e da lì uscì lo stesso identico suono dello sparo precedente. Lo fece per due volte prima di passare ad imitare il suono della zip della tenda per poi scappare e confondersi nella notte.

Una giovane coppia di escursionisti, in giro nella parte rocciosa della riserva, mi ha riportato ieri di aver visto qualcosa di strano in cima ad una montagna a me familiare. Stavano guardando a turno in un binocolo quando il ragazzo ha notato un arrampicatore scalare una facciata molto ripida che dava su un dirupo. Lo osservò avanzare, e non si accorse se non a fatto compiuto che non stava usando alcun tipo di attrezzatura d’arrampicata. Quando raggiunse la vetta, a cinque chilometri d’altezza, si voltò a fissare il giovane. Ha detto che chiunque, o qualunque cosa, fosse, li stava guardando dritti negli occhi. Lo scalatore poi si agitò in maniera compulsiva prima di piegarsi lateralmente all’altezza del bacino e saltare giù dalla montagna. La coppia non ha visto dove potesse essere atterrato. Li ho mandati via con la promessa che avrei investigato. Ho mentito. Non farò rapporto perché ce ne sono almeno altri dieci esattamente identici a questo. Quell’alpinista è famigerato nell’area. Ormai non metto più in discussione la loro veridicità.

Ci sono così tante stranezze sul mio lavoro che non sarò mai capace di comprendere, e mi ci vorranno anni prima di riuscire a metabolizzare tutto ciò che ho sentito in questi ultimi mesi. Quando avrò la sensazione che il mio lavoro non sarà più in bilico, tornerò. Magari con un format diverso, ma ritornerò. Grazie a tutti per essermi stati accanto, e per aver apprezzato ciò che ho avuto da dirvi.

Se mai doveste andare in giro nei boschi, vi incoraggio ad essere prudenti. Portate acqua, cibo, equipaggiamento di sopravvivenza. Dite dove andate e quando contate di tornare. Non seguite sentieri inesplorati a meno che non sappiate esattamente cosa state facendo.

Ma sopra ogni altra cosa:

Non toccatele. Non guardatele. Non scalatele.

Search And Rescue Woods













Narrazioni[]

Search_and_Rescue_Woods_capitolo_3_8_-_Creepypasta_ITA

Search and Rescue Woods capitolo 3 8 - Creepypasta ITA

Narrazione di CreepyPastaLoL

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Search and Rescue Woods capitolo 1 8 - Creepypasta ITA

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Search and Rescue Woods capitolo 2 8 - Creepypasta ITA

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Search and Rescue Woods capitolo 6 8 - Creepypasta ITA

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Search and Rescue Woods capitolo 4 8 - Creepypasta ITA

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Search and Rescue Woods capitolo 5 8 - Creepypasta ITA

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Search and Rescue Woods capitolo 7 8 - Creepypasta ITA

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Search_and_Rescue_Woods_capitolo_8_8_-_Creepypasta_ITA

Search and Rescue Woods capitolo 8 8 - Creepypasta ITA

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