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Quei giorni antecedenti il Natale Niki aveva visto ben poco il padre, e solamente durante i pasti: quest’ultimo infatti passava le giornate viaggiando dalla cucina alla camera in modo frettoloso, mostrando chiari segni di stanchezza. Diceva che ci sarebbe stata una sorpresa per la famiglia, una novità eccezionale.

In un momento di riposo, il padre gli mostrò un fiocchetto azzurro sulla porta del suo studio dedito alla lettura in casa. Lo studio, al suo interno, era vuoto, tranne per dei secchi di pittura celeste e bianca. Per un bambino di circa cinque anni un fiocco colorato e dei secchi sono indizi ben miseri.

Così, quando una mattina il padre uscì, decise quindi di intrufolarsi nella camera dei genitori. Sua madre stava ancora dormendo come un angioletto. Vicino al suo letto c'era una culla ancora avvolta in uno strato di plastica protettiva. Arriverà un bambino! La sera arrivo presto e suo padre lo mise a letto ma non si fermò molto. La moglie lo stava chiamando perché si sentiva ancora male.

Chiuse gli occhi.

«Proverò a contare le pecore» si disse «Così dormirò da solo», quasi a voler imitare un comportamento adolescenziale per compiacere i genitori.

Una. Due. Tre.

Ogni pecora contata era calore acquisito dalla morbidezza del piumone in cui era avvolto. Il caldo aumentò ad ogni numero. Niki allentò la presa sulla coperta.

Quindici. Sedici. Diciassette.

Lasciò la presa e pensò che ogni pecora emanava del calore proprio, che veniva poi trasmesso alla stanza. Sentì bagnato, così decise di scostare il piumone, ma la situazione non migliorò, anzi, aumentò il caldo ed ebbe brividi di freddo al contempo.

Aprì gli occhi. Il piumone originariamente blu era diventato rosso scuro, i delfini dipinti sulla sua coperta preferita erano spariti sotto uno strato color rame. Si sollevò di scatto ed ebbe un capogiro. Nell'appoggiarsi al cuscino capì l'origine di quella massa di liquido rosso: i suoi polsi. Impaurito si girò di lato e vide una sagoma totalmente nera, della quale, anche sotto la luce diretta della luna che penetrava dalla finestra, non si poteva scorgere alcun dettaglio.

La distanza tra i loro visi era di dieci centimetri al massimo e la figura si poteva descrivere come un bambino, solo per la statura e l'assenza di rughe. Un sorriso a trentadue denti, che prendeva anche lo spazio delle gote, facendo entrare in contrasto il bianco dei denti con il resto della sagoma nera.

Dopo quasi cinque secondi interminabili passati nel terrore a fissarsi la creatura sibilò: "Ciao fratellone, ci rivedremo molto presto".



Niki si svegliò urlando, i polsi ancora doloranti.

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