Creepypasta Italia Wiki
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Scendo dalla macchina dei miei amici e vado verso casa, pochi secondi dalla strada principale al portone.

In cerca delle chiavi nelle mie tasche, alzo lo sguardo verso il cielo: limpido, cristallino, miliardi di stelle splendenti come poche altre notti e una luna particolarmente viva. Solo allora mi rendo conto di quanto fosse buio il vicolo che porta a casa mia, talmente buio da sembrare denso, vischioso. Fatico tentando di inserire la chiave nella serratura, la luce che doveva accendersi automaticamente sopra la porta deve essere fulminata. Nel frattempo, sento l’aria intorno a me diventare sempre più irrespirabile, sempre più pesante, da farmi quasi piegare la schiena.

Riesco finalmente ad entrare in casa, praticamente senza fiato, e cerco di accendere la luce. Trovo l’interruttore, lo premo, ma niente. Deve esserci stato un blackout nella mia zona, dopotutto non sarebbe la prima volta. Proseguo verso le scale, ma dopo il primo scalino tutto intorno a me sembra pulsare. I muri iniziano a stringersi sempre di più, in un silenzio assordante che mi costringe a terra. Cerco di chiamare aiuto, ma dalla gola non escono che rantoli animaleschi. Automaticamente mi porto le mani al collo, cercando di liberarmi da una presa che non c’è. Poco prima di svenire, vedo la luce della luna entrare dalla porta. Si sta aprendo. Una figura, dalle certe fattezze umane, viene verso di me. Indossa una maschera, almeno credo. Non vedo il riflesso degli occhi, né una qualche sagoma di capelli, ma posso sentirla respirare.

–Stasera ci siamo davvero divertiti, vediamo di concludere in bellezza.

Mi sveglio. Le orecchie fischiano. Sento la testa piena di spilli. Cerco di portarmi le mani sul capo, ma non ci riesco. Sono legato. Nel buio, un punto rosso. Improvvisamente, le luci. Si accendono, accecanti. Mi disorientano.  Parlo. Un fiotto di sangue. Abbasso il capo. Non ho più le braccia. Non ho le gambe.

Una porta sbatte.

Mi sveglio, mattina. Mi alzo, un po’ stordito e incredibilmente assetato. Vado a prendere l’acqua sulla mia scrivania.

Una maschera, sopra il PC. Un biglietto.

– Rifacciamolo. 

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