Creepypasta Italia Wiki
Advertisement
Creepypasta Italia Wiki

“Dio è morto”

F. W. Nietszche, La gaia scienza, 1882


Nietszche aveva ragione, si sbagliava sulla data, ma aveva ragione. Alla fine dei tempi Dio è morto davvero. E non nel senso filosofico o umanistico per come lo intendeva il maestro tedesco, non in una visione immaginifica della coscienza collettiva dell'umanità, non come un simbolismo riguardo il decadimento delle religioni. No: Dio, alla fine, è morto per davvero.

Il mio compito di scrittore e storico è quello di raccontare per chi verrà, se mai ci sarà qualcuno, come siano andate le cose, ponendo gli avvenimenti per come li ho vissuti sulla mia pelle.

Avvenne tutto poco per volta, fummo miopi a non cogliere i segnali per tempo, ma d'altra parte non avremmo comunque potuto in alcun modo opporci agli avvenimenti che seguirono.

Non saprei dire quanto tempo sia trascorso, in effetti oggi non ha nemmeno più senso misurare il tempo, potrebbe essere stato ieri come diecimila anni fa. Non posso saperlo.

L'ordine e le regole che permettevano all'universo di esistere si stanno disfacendo, una dopo l'altra.

Se oggi posso ancora scrivere è perché da qualche parte, non posso nemmeno più dire qui... Alla pari del tempo anche lo spazio è in disfacimento e non ha senso sostenere di essere in un luogo; io posso scrivere perché da qualche parte esiste ancora un brandello di ordine, e lo userò finché mi sarà possibile.

All'inizio della decadenza (così venne denominato questo periodo) avvennero le prime avvisaglie. Come accade in tutti i grandi disastri i primi ad avvertirne gli effetti furono gli animali. In tutto il mondo le bestie assunsero comportamenti innaturali: mansueti erbivori da cortile iniziarono ad attaccare, a volte sbranare, i propri simili, i pesci saltavano sulle spiagge in cerca di aria, i cani e gli altri animali da compagnia divoravano le loro stesse carni. Stormi di uccelli senza guida né direzione collidevano fra loro, le creature della notte uscivano dalle loro tane, in un caos immorale dove nessuno sapeva in che direzione volgere lo sguardo. Dapprima si pensò ad un'epidemia, o ad un virus, ma fu presto chiaro a tutti che quello che stava accadendo non poteva essere spiegato.

Quando anche gli esseri umani iniziarono a perdere il controllo e ad esplodere in attacchi di follia la civiltà smise di essere quella che conoscevamo, famiglie intere venivano sterminate da loro congiunti, nelle fontane scorreva sangue di folli auto mutilatisi, i notabili della società si rotolavano nel fango dei loro stessi escrementi, gli uomini di scienza condividevano il desco coi ratti: l'intera umanità venne risucchiata nel proprio peggiore incubo.

Quelli che sopravvissero più a lungo al declino crearono piccole colonie, dove difendersi e cercare di capire che cosa fosse e come uscire da quell'incubo.

Inutilmente.

Piano piano ogni cosa che consideravamo impossibile, inaccettabile, incredibile divenne realtà sotto i nostri occhi: la luna sparì dal cielo, e qualcuno disse che era precipitata laggiù, nell'oceano; iniziò a piovere resina incandescente da un cielo senza nuvole; le montagne venivano spazzate via da un soffio di vento e le imponenti costruzioni di cemento e acciaio, vanto della nostra civiltà, si sciolsero come neve al sole in roboanti crepitii ed esplosioni.



Fu quando i cadaveri iniziarono a muoversi e strisciare sui muri, o attraverso i muri, che finalmente ci rendemmo conto di cosa stava accadendo.

Non c'era nessuna speranza, nessuna salvezza. Fino a quel momento avevamo sperato in una via di scampo, in una possibile soluzione a tutto questo, ma quando anche gli oggetti inanimati presero a contorcersi, gemere e gridare, letteralmente, gridare, capimmo infine che eravamo tutti perduti.

Vidi i migliori di noi, i capipopolo, cedere alla stessa follia che avevano combattuto con orgoglio; vidi i più forti piangere fino a strapparsi gli occhi con le proprie mani; esseri che credevamo esistere solo nel regno delle follie prendere vita; madri generare figli con creature di pietra, senza lacrime né sangue.



Io non so quanto resisterò, né se il mio resoconto sarà mai letto da qualcuno, però scrivere queste poche righe mi hanno aiutato a non pensare al mio costante tormento, alle milioni di vite e di mondi straziati che si intrecciano davanti, ed intorno, e dentro ai miei occhi.

La cosa peggiore è che la nostra sofferenza, il nostro dolore, la nostra follia non finiranno con la morte, l'ho già visto:



Ci aspetta un incubo folle che non avrà mai fine.


1401731316441596
Advertisement