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Una scintilla... Una fioca luce nell'oscurità.

Un incendio... La luce inonda quell'oscuro oceano.

Un'esplosione... Una luce abbagliante.

Ne siamo tutti schiavi.



Schiavi di cosa? Il solo fatto che ve lo chiediate è una prova della correttezza della mia tesi.

Siamo schiavi degli istinti. L'istinto di non stare in solitudine, l'istinto di mangiare, l'istinto di bere, l'istinto di amare. Quest'ultimo è il più pericoloso, il più nocivo. Vi chiedete perché?

Un'altra prova della mia ragione.

Siamo schiavi di una forza superiore, una forza senza la quale non potremmo vivere e la quale non potrebbe vivere senza noi. Con “noi” intendo il genere umano, ovviamente. Quell'amore che alcuni provano non è altro che finzione, una mera illusione creata da questa forza, da questa Volontà superiore il cui unico scopo è sopravvivere attraverso noi.

Ora cominciate a capire, credo.

L'istinto di riprodursi è semplicemente stato nascosto per essere più gradevole e allettante. Ora ha le mentite spoglie di un sentimento nobile, puro. Ma io non mi lascerò ingannare oltre, ho deciso di mettere fine a questa farsa, riporterò tutto alla perfezione originaria. Nessuno verrà più imbrogliato, nessuno scambierà più sentimenti nobili con vili vizi, nessuno esisterà più.

Ma cominciamo con calma.


Mi chiamo Arthur, sono un fisico. Probabilmente sarete stupiti, le speculazioni precedenti sarebbero più consone ad un filosofo, ma superato un certo grado di intelligenza non si discerne più tra filosofia e scienza, diventano un tutt'uno, si fondono assieme in un vortice di nozioni e consapevolezza al fine di ricercare le verità ultime, fisiche o metafisiche che siano.

Come ho detto, sono un fisico, ed è proprio dalle mie ricerche che scaturì la mia consapevolezza.

Lavoravo su un progetto atto a dimostrare l'esistenza del famigerato bosone di Higgs, noto come particella di Dio, che dovrebbe teoricamente dare massa ad ogni cosa in quest'universo. Lavorai su quel progetto per anni prima di arrivare ad una svolta significativa.

Era una notte estiva, ero da solo nel mio laboratorio ad esaminare dei dati sulla materia oscura, sentivo di aver quasi raggiunto una soluzione. E infatti fu così. Era perfetta, una teoria perfetta, avrebbe spiegato tutto.

La materia oscura non è osservabile, ma costituisce l'85% di massa dell'universo e il 23% di energia dello stesso, pensai che dovesse avere qualcosa a che fare con la particella di Dio. Che nome perfetto per quel bosone.

Ipotizzai qualcosa che all'iniziò mi sembrò stupido, ma che venne poi confermato e riconfermato da dati concreti, non poteva non essere vero.

Ecco la mia teoria in breve.

I bosoni di Higgs non sono delle normali particelle, si aggregano formando degli oggetti unidimensionali filiformi, che collegano ogni particella in quest'universo a un corrispettivo “qualcosa” nella materia oscura, che purtroppo non sono riuscito a osservare. All'inizio pensai che fosse un'idea stupida a causa dell'immensità dell'universo e dell'infinità di particelle presenti in esso da collegare, ma subito dopo ripensai ai dati appena letti. 85% di massa dell'universo corrisponde a un numero più che sufficiente di “qualcosa” per collegare ogni particella. Per convenienza chiamerò quei “qualcosa” linker d'ora in poi.

Presi sempre più coraggio e fiducia nella mia teoria. Spiegava perfino la gravità, che è stata esclusa dal modello standard della fisica moderna.

L'insieme di quei bosoni crea una fitta rete nell'universo, che può essere considerata lo spazio-tempo. Immaginate di avere un'amaca e di poggiarci un melone, vedrete la superficie dell'amaca incurvarsi. Ora immaginate di poggiare sull'amaca degli oggetti di massa inferiore, delle palle da tennis ad esempio. Vedrete le palline rotolare fino ad incontrare il melone. Ecco, è esattamente così che funziona. In questo caso però la massa è data dall'attrito tra i corpi e la rete di bosoni.

Ma tralasciamo questi pensieri prettamente scientifici.

Straripante di gioia a causa della mia scoperta andai a letto e ripensai ad ogni passaggio della mia teoria, finché non mi addormentai beato. Più o meno.

Sognai lo spazio cosmico, vedevo fili ovunque, mi sentivo in trappola. Mi girai e vidi un essere enorme con un'infinità di mani manipolare tutti quei fili. Provai ad avvicinarmi. La parte inferiore del corpo era un ammasso senza forma di materia di colore nero. Le orbite erano vuote, non aveva naso. La bocca sembrava sussurrare qualcosa. Improvvisamente notai dei fili legati alle mie mani e venni attratto verso quel mostro. Mi svegliai.

Al mio risveglio ero turbato, ma ciò non mi impedì di proseguire le mie ricerche.

Chiamai degli assistenti fidati per aiutarmi con l'elaborazione di dati.

Passarono le settimane, la mia teoria era sempre più probabilmente vera.

Passarono mesi e ormai eravamo quasi di fronte alla prova definitiva, quando accadde una tragedia.

Il mio assistente più promettente venne trovato morto nel mio laboratorio accasciato su diverse pile di fogli, tutti quei dati andarono perduti, ma per fortuna la mia memoria mi permise di recuperarli in meno tempo possibile.

Oh, giusto, avrei dovuto preoccuparmi della sua morte, no? Beh, no. Non sono mai stato come gli altri esponenti della mia razza, una persona morta è morta, non tornerà indietro, sarebbe inutile piangere sul latte versato, mentre la mia teoria sarebbe rimasta nella storia. Un misero assistente non valeva un'interruzione nelle mie ricerche.

Continuai per mesi a cercare quella prova definitiva, senza trovare nulla. Ero a un punto morto. Come se non bastasse i miei assistenti mi abbandonarono, alcuni subito dopo la morte del loro collega, altri nei mesi a venire.

Dopo l'omicidio del mio assistente feci installare delle telecamere e degli antifurto nel laboratorio, e feci in modo che solo chi fosse stato munito di password avrebbe potuto accedervi.

Circa una settimana dopo, Susan, un'altra assistente, si presentò a casa mia la mattina presto, reduce da una nottata in laboratorio. Mi disse di voler abbandonare il progetto, era terrorizzata e tremava. La feci entrare in casa e le chiesi cosa fosse accaduto di tanto grave. Mi raccontò dei fatti incredibili, credetti fosse un sovraccarico di attività neuronale e cercai di calmarla quanto più mi fu possibile. Disse di aver visto con la coda dell'occhio per circa un'ora delle ombre muoversi dietro di lei, ma non ci aveva dato tanto peso. Quando una sedia cadde per terra, però, si spaventò e corse a controllare. Nulla di strano, ma nessuna spiegazione possibile per la caduta della sedia.

Le dissi che era solo suggestione, che poteva prendere un mese di pausa, che se lo meritava. Le suggerii di andare dal suo fidanzato e di passare del tempo insieme a lui.

Appena lo nominai ebbe un fremito e si alzò in piedi. Mi urlò contro che non poteva vederlo, non dopo aver saputo la verità. Disse che non poteva più provare alcun sentimento per nessuno dopo aver visto. Per finire mi si accasciò tra le braccia e mi sussurrò con voce stanca di smettere con le mie ricerche, che non mi avrebbero portato a niente di buono.

Chiamai l'ospedale, era ovvio che Susan non stava bene, temevo avesse subito dei danni permanenti al cervello.

Pare l'abbiano fatta visitare prima da uno psicologo e da uno psichiatra poi. Ora probabilmente si trova ancora in quel manicomio.

Ovviamente controllai le registrazioni delle telecamere di sicurezza. Non c'era nulla di strano, tranne qualche secondo di interferenza, ma pensai fosse dovuto a uno sbalzo di tensione. E comunque gli antifurto non avevano segnalato nulla, perciò non mi preoccupai affatto.

Dopo quell'avvenimento non accadde nulla di significativo per settimane.

Come se non bastasse, alla perdita di Susan si andò a sommare quella di un altro assistente. A lui non accadde nulla, semplicemente era troppo “turbato per poter continuare a lavorare serenamente”, questo fu ciò che mi disse. Non mi era mai piaciuto quel tipo, bravissimo nel suo lavoro, ma umanamente inferiore, la scienza non ha bisogno di codardi.

Rimasero a lavorare con me solo in due, Will e Katie. Ho sempre sospettato ci fosse stato qualcosa tra loro, ma non avevo alcuna intenzione di intralciarli, avevano un affiatamento incredibile. Sebbene non condividessi quel sentimento, mi tornava molto utile, si capivano in un lampo, lavoravano perfettamente insieme.

Avrei davvero voluto poter condividere il mio successo con loro, peccato che anche loro se ne andarono non molto tempo dopo la scomparsa di Susan.

Cominciarono a litigare animosamente perfino di fronte a me, un comportamento disdicevole per uno scienziato. I litigi andarono avanti per giorni, finché non presi Katie in disparte e le chiesi il motivo di quelle sfuriate.

Disse che si sentiva diversa, come se qualcuno le avesse improvvisamente “mescolato i sentimenti”, non sapeva spiegarsi quei comportamenti, perciò mi chiese scusa e promise che non sarebbe più accaduto nulla del genere. Parlai con Will e mi disse le stesse cose, ripetendo perfino le parole “mescolato i sentimenti”. Non capii se mi stessero prendendo in giro o altro, ma comunque lasciai perdere e diedi loro il beneficio del dubbio.

Il giorno dopo mi presi un po' di tempo per riposarmi, stavo davvero cominciando a essere stanco, cominciai anch'io a vedere delle ombre nel laboratorio. Quel giorno Will e Katie rimasero tutto il tempo da soli in laboratorio, io sperai che avessero fatto pace, e per controllarlo mi bastò guardare il giorno successivo le registrazioni delle telecamere di sicurezza.

Inizialmente tutto si svolse normalmente. Lavoravano al computer ambedue, non si rivolgevano la parola. Dopo circa un'ora ricominciarono a litigare, e io cominciai seriamente a pensare di doverli sollevare dal loro incarico.

Il litigio continuò, finché Will non aggredì Katie. Io rimasi scioccato, era sempre stata una persona pacata, non me lo sarei mai aspettato da lui. Will aveva la testa della sua ex compagna tra le mani, a quanto pare aveva deciso di sprecare tutta l'intelligenza contenuta nel suo cervello facendola schizzare sulla scrivania.

Mi vanto di avere uno stomaco abbastanza forte, ma quella scena, quella violenza... mi fecero quasi vomitare. Will continuò a sbattere la testa di Katie contro lo spigolo della scrivania nonostante lei fosse vistosamente morta. Alla fine ciò che il mio assistente stringeva tra le mani non era altro che una specie di zucca di Halloween tagliata male. Molto male.

Ma non finì qui. Will sembrava essersi ripreso, era come se fosse uscito dal suo corpo e ne avesse appena ripreso possesso. Si guardava attorno spaesato. Schifato e terrorizzato da ciò che vedeva girava in tondo cercando una soluzione, quando notò la telecamera. Si avvicinò e la fissò. Con lo sguardo perso provò a dire qualcosa, ma non emise alcun suono.

Corse verso la porta, sembrava stesse scappando da qualcosa. Inciampò giusto un attimo prima di arrivare alla maniglia. Cercò di arrivarci gattonando, poi si voltò e vidi una faccia che non avevo mai visto in vita mia. Era completamente bianco in viso, sudava freddo e tremava. Urlò.

Di nuovo un'interferenza. Provai un fremito di paura perfino io, lo ammetto.

Ripresi il controllo di me stesso e mi diressi al laboratorio. Non avevo intenzione di chiamare la polizia, dopo gli ultimi eventi mi avrebbero sicuramente fatto chiudere il laboratorio e non avevo tutto quel tempo da perdere. Per sicurezza portai una pistola con me.

Non mi trovai davanti un bello spettacolo. Il corpo senza vita di Katie giaceva a terra circondato dalle sue cervella e dal suo sangue. Di Will nessuna traccia però. Lo chiamai, urlai il suo nome. Poi ricordai la sua ultima espressione. E se ci fosse stato qualcun'altro? Non ebbi il tempo di accertarmi della presenza di altre persone nel mio laboratorio. Sentì l'anta di un armadio cigolare e aprirsi. Andai a controllare, e vi trovai Will finalmente.

Dopo aver comprato dei sacchi neri, come quelli che si usano per la spazzatura, tornai al laboratorio. Fu un lavoraccio, ma riuscii ad infilare ogni pezzo di Will dentro le buste, poi feci lo stesso con Katie.

Non avevo idea di chi avesse ridotto Will in quel modo, né perché l'avesse fatto e soprattutto non avevo idea di COME l'avesse fatto. Era come se il suo corpo fosse stato martoriato da una gran quantità di ami da pesca. Ma fin qui sarebbe potuto tranquillamente essere stato un maniaco psicopatico. La cosa che mi lasciò perplesso era che il sangue e i pezzi di Will si trovavano solo dentro l'armadio, come se quell'orribile tortura fosse avvenuta lì dentro. Probabilmente Will si nascose e pensò di essere al sicuro, ma si sbagliava a quanto pare.

Dopo essermi sbarazzato dei corpi controllai ripetutamente le registrazioni delle telecamere, gli antifurto e ogni angolo del laboratorio. Nulla. Assolutamente nulla di strano, tranne quei minuti di interferenza.

Decisi comunque di continuare le mie ricerche, nascondendo in giro varie armi da poter utilizzare in caso di aggressione, e decisi di ridurre le nottate in laboratorio al minimo.

Non mi dispiacque continuare da solo,ormai i dati erano stati elaborati, mancava così poco.

Finalmente trovai un modo per intrappolare uno di quei fili, o per lo meno una parte di quel filo. Pensai che quando una particella decade si trasforma in altre particelle rilasciando energia, quindi le nuove particelle non avrebbero avuto ancora un collegamento in quegli attimi. Feci decadere un quark (una delle particelle elementari che compongono la materia) in un'ampolla sottovuoto e feci corrispondere a quel preciso momento l'attivazione di campi elettromagnetici in modo che niente potesse riuscire a scappare fuori.

Successe esattamente ciò che ipotizzai.

Sapevo cosa cercare nei dati, mi fu tutto molto facile. C'era un eccesso di energia negli attimi subito dopo la decaduta. Erano i bosoni di Higgs che tentavano di creare un collegamento con le nuove particelle, questo picco di energia durò solo pochi microsecondi.

Avevo dimostrato la mia teoria.. In più avevo catturato quei fantomatici bosoni e avevo i dati che comprovavano tutto.

Ora non mancava che una cosa. Rendere note al mondo intero le mie scoperte.

O forse no?

Una mattina, appena entrato al laboratorio, notai che l'ampolla era rotta. La cosa non mi preoccupò, avrei potuto ripete l'esperimento in qualsiasi momento, ma nessuno poteva entrare in quel luogo, e questo mi spaventò. Urlai chiedendo se ci fosse qualcuno, urlai di essere armato. Nessuna risposta.

D'un tratto mi sentii afferrato e caddi a terra, non riuscivo a muovermi. Vidi di fronte ai miei occhi formarsi un viso, o meglio, una bocca e delle orbite vuote. Quella faccia era talmente calma da essere inquietante. Mi trattenni dall'urlare e lui mi parlò. Mi disse ciò che io ho scritto all'inizio di queste pagine. Mi disse che i sentimenti umani sono solo finzione, che l'intera vita degli umani è finzione. Mi invitò ad unirmi a lui, a non svelare al mondo le mie scoperte e in cambio ricevere l'immortalità e la risposta ad ogni domanda su quell'enorme mascherata che è la storia umana.

Era forse Dio?

Il solo fatto che stiate leggendo tutto ciò vi farà intuire la mia risposta. Mi aspettai delle torture, o addirittura di essere ucciso, ma quell'essere mi lasciò semplicemente andare, libero di fare ciò che volevo.

I giorni seguenti mi chiesi più volte se fosse stato giusto divulgare quelle notizie. In fondo era solo una notizia scientifica. Di grandissima importanza, certo, ma pur sempre limitata alla scienza, a chi avrebbe fatto del male? Cominciai a chiedermi cosa volesse nascondermi quell'essere, finché un giorno non ricordai il sogno fatto tempo prima e mi bastò fare due più due.

Quell'essere governa il nostro universo, quell'essere è la volontà che ci condiziona tutti.

Ma allora perché mi ha lasciato andare? E perché non ha cercato di imbrogliare anche me per evitare che pubblicassi le mie scoperte? Forse ho raggiunto un livello troppo alto di consapevolezza e sapeva che non mi sarei fatto prendere in giro? E allora perché non mi ha ucciso come ha fatto con i miei assistenti?

Beh, ormai non ha importanza, ho comunque deciso di non pubblicare, alla fine. Salverò questo mondo, e forse tutto l'universo.

Sono riuscito a trattenere nel vuoto alcune particelle di carica opposta a quella del bosone di Higgs, più o meno come si fa con l'antimateria.

Mettendo a contatto questa “antiparticella di Dio” con quella di carica opposta le due si annichiliranno, creando un'esplosione di dimensioni inimmaginabili. Ma non è l'esplosione che m'importa, il mio scopo è distruggere ogni collegamento di quell'essere con il nostro pianeta.

Certo, essendo ogni particella collegata ad un linker e volendo io annichilire del tutto questi collegamenti distruggerò completamente il pianeta Terra. Ma è un sacrificio che va fatto per il futuro dell'universo.

Ciò che mi sorprende delle antiparticelle tenute in gabbia è che anche loro tentano di creare un collegamento con qualcosa, senza grandi risultati, visto che si trovano nel vuoto. La mia teoria è che quando queste particelle si annichiliranno con le rispettive antiparticelle verrà prodotta una quantità infinita di energia che si disperderà nell'ambiente circostante e verranno create altre antiparticelle, che cercheranno un collegamento con la materia circostante, facendo propagare l'annichilimento per tutta la rete fino ad arrivare ai linker e di conseguenza a quell'essere. La mia speranza è proprio di riuscire a distruggere quell'oscuro burattinaio e far rinascere l'universo. Non importa se ci vorranno miliardi di anni prima che materia ed energia trovino di nuovo l'equilibrio necessario.

Ho deciso di condividere queste pagine online perché tutti siano consapevoli di ciò che sta per accadere e di quanto vuota e falsa sia stata la loro vita. Non vi rimane molto tempo, pensateci attentamente.


Tutto quel che devo fare è rompere l'ampolla e disattivare i campi elettromagnetici.

Niente ripensamenti, ormai è troppo tardi.

Va fatto per il bene dell'umanità e di ogni altra forma di vita, meglio lo sterminio che la schiavitù eterna.






Io sono l'unica scintilla di vera umanità in quest'oscura rete di menzogne.


Io sono le fiamme che illuminano il futuro.


E quest'esplosione diraderà la finta luce che ha abbagliato le nostre menti.


Io ci libererò.




Dies Irae

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