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Questa storia mi è accaduta quattro anni fa. È di gran lunga la situazione più estrema e pericolosa in cui mi sia mai trovata. La testimonianza oculare che state per leggere è 100% vera, ed è mia.

Per una migliore comprensione, ciò che sto per raccontarvi è successo negli Stati Uniti. Era l'estate del 2012. Io e il mio fidanzato di lunga data ci eravamo sposati da poco. Anche se eravamo studenti del college schifosamente poveri e vivevamo in un appartamento carino, ce la spassavamo un casino. Quell'estate in particolare ci radunavamo con i nostri amici in un cinema quasi ogni fine settimana. Ce n'era uno giusto in fondo alla strada in cui stava casa nostra, che vendeva biglietti davvero convenienti. Se una notte fuori ci veniva sotto i dieci euro, allora era di certo in budget. Ad ogni modo, un giovedì sera ho ricevuto una chiamata da un gruppo di amici per invitarci a vedere l'anteprima del nuovo film di Batman, a mezzanotte. Avevo appena finito di lavorare un turno di dodici ore ed ero abbastanza stanca. Stavo per rifiutare l'invito e ho pensato di crollare, invece, nel letto del mio appartamento. Comunque, non volevo perdermi il divertimento, e si trattava di un film che avrei voluto vedere in ogni caso. Di certo non avrebbe fatto alcun danno star sveglia più del solito e perdere qualche ora di sonno, giusto?

Alle 22:30 ci siamo incontrati al cinema. Abbiamo superato due grandi sagome di cartone di Catwoman e Batman dopo essere entrati, accolti dall'odore di popcorn al burro e dal chiacchiericcio degli astanti eccitati. La biglietteria era a destra dell'ingresso, e proprio sopra c'era una lista elettronica dei film che venivano proiettati. La mezzanotte mostrava "Batman, il cavaliere oscuro - Il ritorno" in lettere rosse brillanti. Essendo noi paranoici che potessero svendere rapidamente tutti i biglietti, uno dei miei amici era venuto prima e li aveva comprati per tutti. Abbiamo bypassato la fila e siamo andati direttamente dalla bigliettaia. Lei ci ha sorriso e ci ha gentilmente indirizzato alla Sala 9, che stava nel lato destro dell'atrio.

Se solo avessi saputo cosa stava per succedere. E cioè che in mezzo alla folla si nascondeva un killer. Che mentre camminavo su quel viscoso tappeto rosso e viola verso la Sala 9, avrei potuto camminare verso la mia morte. Mi sarei dovuta voltare, in quell'istante, e tornare a casa. Non sarei proprio dovuta andare a vedere quel film. Ma, ovviamente, non avevo modo di saperlo. Ignara del pericolo, mi stavo portando all'interno; ho aperto le porte della Sala 9 senza pensarci due volte.

Qui, il corridoio aveva la forma di una U e si poteva andare sia a destra che a sinistra. La Sala 9 era la più grande nell'edificio, perfetta per accogliere quella folla che l'anteprima aveva attratto. Lo schermo era immobile e grigio; neanche le pubblicità erano ancora partite perché mancava ancora una buona ora e mezzo prima che il film iniziasse veramente. Entrammo dal lato destro, quindi avevamo tutti i posti alla nostra sinistra. Ricordo di essermi sorpresa nel vedere quanto già fosse pieno di gente. Quasi tutte le sedie erano occupate, con nostro disappunto. All'inizio sembrava che non saremmo riusciti a trovare un posto per sederci insieme. Invece, c'era un gruppetto di sedie proprio di fronte allo schermo. Quest'area era schiacciata, per via della forma a U della stanza, e c'erano appena cinque file in questa sezione. Molte erano vuote, ma sedersi di fronte allo schermo fa schifo e nessuno vuole farlo. Uno dei miei amici, poi, ha individuato una fila con cinque posti liberi uno di seguito all'altro, perfetta per il numero di persone che eravamo. Questi posti erano circa 3-4 file più in alto della prima. Ci siamo messi a correre perché nessuno se ne impossessasse prima di noi. Mio marito, Brock, si era seduto al quinto posto, io vicino a lui, la mia amica Samantha a fianco a me sulla destra. Il suo ragazzo, Tommy, si è seduto dopo di lei e, nel posto che dava sul corridoio, Leo.

Abbiamo passato il tempo rimanente a chiacchierare del più e del meno, a ridere e a scherzare. Dopo un po', i miei tre amici sono andati nell'atrio a comprare delle bibite e quegli invitanti popcorn al burro. Mentre erano via, Brock ed io abbiamo osservato le persone. La sala era luminosa, dal momento che le luci non si erano ancora abbassate, e potevo vedere chiaramente tutti. C'era un sacco di gente con la maglietta e la felpa di Batman. Una persona, addirittura, aveva una maschera ed una di quelle calzamaglie con il mantello attaccato. C'erano molti bambini che aspettavano, niente di sorprendente perché, anche se era giovedì notte, erano le vacanze estive e non avrebbero avuto scuola il giorno dopo. Di tutta la gente che ho visto, l'unica persona che non dimenticherò mai era la piccola bambina che sedeva nella nostra fila, a poche sedie di distanza. Era davvero carina, bionda con gli occhi azzurri, ed era passata diverse volte di fronte a noi nel corridoio, ogni volta tornando indietro con nuovi snack e porzioni di popcorn. Nel complesso, tutti apparivano molto eccitati di vedere il film, e la stanza era piena di energia e risate. Dopo quella che ci sembrò un'eternità, le luci iniziarono ad oscurarsi e l'anteprima iniziò. Come ogni film che avevo visto, una breve animazione passò nello schermo ricordandoci di fare rifornimento nell'atrio (noi stavamo già divorando i popcorn come animali affamati), di silenziare i cellulari e di assicurarci di sapere dove fossero le uscite di emergenza. L'animazione aveva un orribile gatto fatto al computer che sedeva in un cinema. Casualmente ho gettato uno sguardo alla luminosa insegna verde che indicava l'uscita d'emergenza, che si trovava a destra e a sinistra dello schermo. Non ho pensato troppo a tenerla a mente, come al solito.

Quando il film è iniziato, la Sala esplose in fragorosi applausi. Il titolo del film, Il cavaliere oscuro - Il ritorno, comparve sullo schermo. Seguì subito la scena dove Bane sta dirottando un aereo. Ho pensato che fosse davvero forte, e ha catturato subito il mio interesse. Solo quando il film ha iniziato a prendermi un po' di meno ho ricordato quando stanca io fossi. Ho deciso che avrei chiuso gli occhi nelle parti più noiose, per riposare un pochino. Ero stata sveglia per venti ore, quindi ero giustamente stanca. I miei occhi erano rimasti serrati per la maggior parte della durata degli incontri di Batman e Catwoman. Non ricordo veramente cosa succedesse in quelle parti (forse qualcuno di voi lo ha visto e sa di cosa sto parlando). Ad ogni modo, quando li aprii di nuovo, Bruce Wayne stava sul suo computer cercando informazioni su Catwoman. Questa è l'ultima scena che ho visto. Non ho mai guardato il resto del film.

Tutto all’improvviso, un fragoroso BANG si è sentito al lato sinistro della Sala. Credo di aver gridato un po’, perché mi ha spaventato. Uno strano odore ha iniziato a riempire l’auditorium. Sembrava quello dei fuochi d’artificio, così ho pensato che si trattasse di una bomba carta o qualcosa di simile. Forse qualcuno aveva lanciato dei fuochi d’artificio in mezzo alla folla per fare uno scherzo? Allora, in basso, sull’angolo destro dello schermo, la silhouette scura di una persona ha catturato la mia attenzione. Era come un corpo nero che copriva i colori brillanti del film. Una serie di luci lampeggianti iniziò a provenire proprio da lui. Fu un momento strano, in cui il tempo è letteralmente rallentato e tutto è rimasto calmo. Son rimasta completamente congelata, immobile e incapace di pensare a qualsiasi cosa. Era come se il mio cervello avesse smesso del tutto di lavorare.

Brock ha capito immediatamente cosa stesse succedendo e mi ha afferrato. Mi ha buttato a terra e si è sdraiato sopra di me, facendomi da scudo col suo corpo. A questo punto son tornata a sentire. Ho potuto sentire la carica di spari rimbombare nella sala. La gente stava urlando. Il film proseguiva sopra tutto questo, creando una caotica esplosione di suoni. Ho realizzato che le luci lampeggianti che avevo visto erano proiettili sparati dalla canna di un fucile. Un’istantanea sensazione adrenalinica mi ha attraversato le vene. Non c’era assolutamente nulla che potessi fare, eccetto stare là sdraiata e pregare Dio che gli spari che sentivo bucare i sedili non colpissero anche me. Ad un certo punto uno shrapnel mi ha sfiorato la testa, tagliandomi una grossa ciocca di capelli, così mi son portata la mano sul capo per assicurarmi di non star sanguinando.

Ero sdraiata a faccia in su, dunque ho potuto vedere tutto quello che stava succedendo. Le luci del film si specchiavano in una danza di colori sul soffitto e sulle pareti. I miei amici erano per terra con me. La nostra ciotola di popcorn si era rovesciata. Leo aveva le gambe che uscivano dal corridoio perché non c’era abbastanza spazio per lui dietro i sedili. Ad un certo punto, la bottiglia d’acqua di Samantha, che era rimasta nel porta bibite tra le sedie, è esplosa. L’acqua mi ha bagnato tutta la faccia. La puzza di polvere da sparo era opprimente. Il gas lacrimogeno mi faceva piangere e tossire in maniera incontrollabile. C’era anche un altro odore: l’orribile odore metallico del sangue, che non mi dimenticherò mai. Ricordo di aver sentito le mie gambe umide, tutto d’un tratto. Per qualche ragione ho pensato che fosse per via della bottiglia d’acqua, ma presto ho realizzato che non era così.

All’improvviso, tutto si è fatto silenzioso. Per qualche ragione gli spari si sono fermati. Tommy ha urlato “USCIAMO FUORI DI QUI!”. Abbiamo colto l’occasione e siamo scappati via. Abbiamo corso già dalle scale di fronte allo schermo, verso il segnale verde dell’uscita di sicurezza. Ci siamo ammassati nel piccolo e angusto spazio di fronte alla porta. Era così buio che ci abbiamo messo un bel po’ a scovare la maniglia. Stavamo urlando e ci buttavamo sul muro per trovarla, accecati dal gas lacrimogeno e sconvolti per lo shock. Alla fine, le mie mani hanno trovato la maniglia metallica e ho spinto con tutta la mia forza. Si è aperta e la luce di un lampione ci ha inondato gli occhi. Abbiamo spinto così forte che siamo tutti caduti sul cemento del marciapiede. Samantha ha anche perso le sue infradito viola.

Appena sono inciampata sui miei piedi, mi sono accorta che le mie gambe erano rosse; totalmente inzuppate di sangue. Era come se le avessi immerse in una vasca che ne era piena. Ho controllato il mio corpo da cima a fondo, ma non ero ferita. Da dove veniva quel sangue? Mi sono guardata indietro e ho visto che era di mio marito. Era stato sparato a una gamba. Un largo foro gli aveva strappato la carne della metà distale della sua gamba destra. Il suo piede era appena attaccato all’arto, e penzolava senza vita. Leo ed un tipo che non conoscevo mi hanno aiutato a trascinarlo perché, dopo essere caduto dalla porta, aveva perso tutte le sue energie e non riusciva a camminare. Io ero completamente scioccata. Non avevo idea che fosse stato ferito, specialmente dal momento che era rimasto dietro di me per tutto il tempo ed era riuscito a scappare dal cinema tutto da solo. Come ci sia riuscito con un piede solo, non lo saprò mai.

A questo punto ho urlato. Le mie grida erano così forte che hanno allertato degli operai in un cantiere lì vicino. Sul retro del cinema c’era uno stretto parcheggio, seguito da un prato erboso e da una strada subito dietro. Gli operai stavano riparando quella strada ma, appena mi hanno sentito e ci hanno visto correre, hanno smesso di lavorare e hanno guardato cosa stesse succedendo. Non so perché questa parte è così vivida nella mia memoria. Comunque, sono venuti e hanno trascinato Brock lungo il marciapiede, fino alla fine della via, all’angolo dove si trovava il cantiere. Era molto distante, a una cinquantina di metri. Mio marito è crollato per la stanchezza e il dolore, dicendo che non riusciva più a muoversi. È rimasto sdraiato e una pozza di sangue ha iniziato a circondarlo. Mi son guardata indietro e ho realizzato che avevamo lasciato una scia rossa dall’uscita di emergenza sino a quel punto.

Stavo tremando. Mi sono inginocchiata a fianco a Brock e ho dato un’occhiata in giro per vedere chi altro fosse stato ferito. Tommy era stato colpito al ginocchio e al bacino ed era rimasto indietro nel parcheggio. Anche il ragazzo che aveva aiutato mio marito era stato sparato. Suo padre e sua madre erano con lui; lei era seduta con le spalle contro il muro e sembrava agonizzante. Perdeva sangue da più punti. La sua famiglia era scappata insieme a noi. Immagino che non abbiano più sentito spari e quindi siano corsi via. Eravamo stati tutti fortunati, perché la sparatoria poi aveva ripreso, all’interno del cinema.

Ho dovuto togliermi la maglietta e usarla per fermare l’emorragia. Non scorderò mai quanto flosce apparissero le sue gambe, e immaginai che fosse quella la sensazione che dà un corpo morto. Ero coperta di sangue anche nelle mani e nelle braccia. La polizia è arrivata davvero, davvero in fretta. Potrei dire che eravamo fuori da un minuto o due prima che le sirene rosse e blu accendessero la notte e accorressero alla nostra posizione (eravamo a un isolato di distanza dalla stazione). Un'ufficiale è rimasta con noi per tutto il tempo finché non sono arrivati i paramedici, che ci hanno messo un sacco di tempo.

Brock fu uno degli ultimi a essere portati in ospedale. Aveva sanguinato per almeno venti minuti prima che un’ambulanza lo prelevasse. A quel punto, aveva smesso di rispondere e aveva praticamente perso conoscenza. Diversi tizi si son precipitati sul prato con una barella, lo hanno caricato su, e sono tornati in fretta all’ambulanza. Non potevo andare con lui perché c’era un altro ferito ed il mezzo era troppo affollato. Ho vagato di fronte al teatro da sola, insicura di dove fossero andati i miei amici. La mia maglietta e la pozza di sangue erano rimaste lì, nel marciapiede.

Camminare tra la folla mi sembrava quasi un sogno. Non potevo credere a cosa fosse appena successo. La gente era isterica e piangeva. Una marea di persone era coperta di sangue come me. E, sempre come me, sono abbastanza sicura che il sangue che macchiava la loro pelle non fosse il loro. Molti notavano quanto sola e frastornata io fossi, così mi hanno tenuto compagnia e mi hanno offerto un passaggio in diversi ospedali per trovare Brock, perché non avevo idea di dove lo avessero portato. Sono restata in mezzo a loro per un po’ finché la polizia non ha riempito l’area e ci ha interrogati. L’intero parcheggio era stato bloccato, e ci era stato vietato di andarcene. Erano circa le due del mattino, quindi c’era ancora molto buio (ed io avevo piuttosto freddo, dal momento che indossavo solo canottiera e pantaloncini). Le luci rosse e blu di quelle che potevano essere cento macchine della polizia mi stavano accecando. Ricordo di aver visto un veicolo più grande degli altri su cui c’era scritto qualcosa come “Unità d’Analisi Scene del Crimine”. Penso che sia questo il momento in cui ho iniziato a star male di stomaco e volevo vomitare, ma in qualche modo son riuscita a trattenermi.

Alla fine, la polizia ci ha lasciati andare. Son saltata sul mio camion e l’ho portato via di lì. Ero così spaventata che non ho neanche pensato di tornare al mio appartamento, prendere il cellulare (che avevo dimenticato) e chiamare i miei genitori o qualcun altro per aiutarmi. Ero arrabbiata, sconvolta, spaventata, e più di tutto ero ancora in stato di shock. Stavo davvero per perdere Brock ad appena un mese dal nostro primo anniversario di matrimonio per via di uno psicopatico con una pistola? Fortunatamente, prima che arrivasse l’alba, ho trovato l’ospedale in cui era stato ricoverato. Si trovava nella città a fianco alla nostra, forse a tre quarti d'ora dal cinema, seguendo i limiti di velocità. Ero contenta di essere là, e lo staff dell’ospedale era accogliente e comprensivo. Dopo essersi assicurati che non fossi stata ferita, mi hanno lasciato aspettare nella stanza in cui avrebbero portato Brock, una volta uscito dalla chirurgia. Ero così felice che fosse vivo. Sia Brock che Tommy son sopravvissuti, mentre molti altri non sono stati così fortunati.

Ho scoperto il giorno dopo (dopo molte ore di sonno su un divano dell’ospedale) che dodici persone erano state uccise e più di settanta erano rimaste ferite (mi ricordo che prima avessero ipotizzato quindici vittime, ma che il numero reale si fosse fermato a dodici). La bambina bionda nella mia fila non sopravvisse. Era stata uccisa nel cinema a meno di un metro da noi. Sparata numerose volte. Un agente di polizia dal cuore d’oro, che pianse anche durante la sua testimonianza in tribunale, provò senza successo a salvarle la vita portandola fuori dalla Sala e accompagnandola in ospedale. Tommy era stato trasportato in un altro, diverso da quello di Brock, sul sedile di un’auto della polizia. È stato sottoposto a un intervento chirurgico e si è ripreso del tutto. Il proiettile ha mancato l’osso dell’anca e per un soffio anche il tratto urinario e la vescica. Stando ai medici, mio marito perse almeno metà del suo sangue. Brock era stato portato in ospedale appena in tempo; ancora un po’ e sarebbe morto. Gli hanno fatto parecchie trasfusioni, ed è rimasto ricoverato per ventuno giorni. La ferita alla gamba era così grave che gliel’hanno dovuta amputare dopo aver provato senza successo a salvargliela.

È passato così tanto da quell’evento che mio marito, i miei amici ed io ci siamo ripresi, in qualche modo. È stata un’esperienza raccapricciante che di sicuro ci ha segnati. Non direi che la parte inquietante della storia fosse la sparatoria in sé. No, la parte inquietante era l’assaltatore stesso. In seguito ho appreso molto su di lui, dal processo per omicidio che venne negli anni seguenti. Anche se il mio incontro con quest’uomo fu molto breve, ha cambiato la mia vita in maniera consistente. Soltanto sapere che esistono persone del genere è… disturbante. È di certo un individuo contorto che non voglio vedere mai più.

Ho appreso tutto guardando il processo in TV che è partito agli inizi del 2015. Questo ragazzo studiava neuroscienze o qualcosa del genere in California. Immagino che fosse un tipo abbastanza brillante. Comunque, per qualche ragione, aveva l’ossessione di uccidere le persone, nonché una mentalità da stalker. Dopo aver lasciato la sua università, si è trasferito nel mio Stato e ha scelto il cinema locale per compiere una strage di massa. Prima di questo, aveva pensato di nascondersi presso alcuni sentieri di montagna, assalire le persone, spingerle verso un albero e ucciderle lì, anche se non ha mai realizzato questa idea. Aveva studiato il cinema per mesi, pianificando la sparatoria per la notte del 20 luglio. Anche se non l’avevo mai visto prima di allora, è snervante sapere che questo ragazzo ci fissava ogni volta che andavamo a vederci un film, e noi avremmo potuto non venirne mai a conoscenza. Eravamo completamente all’oscuro di quello che stava per farci. Tutto questo ha demolito il mio senso della sicurezza, perché chissà se anche lo sconosciuto a fianco a te nell’autobus non abbia in mente di fare la stessa cosa.

Sono stata molto vicina allo sparatore, ma non l’ho mai visto in faccia di persona finché non sono stata costretta a testimoniare in tribunale. Ovviamente ho avuto modo di vedere il suo muso in televisione, ma al cinema non ho potuto percepire altro che una silhouette scura nell’ombra, come una figura demoniaca uscita dal più oscuro e sinistro degli incubi. Era anche nel corridoio che abbiamo dovuto percorrere quando ci siamo gettati sull’uscita di emergenza. L’unica cosa che gli ha impedito di ucciderci è stato il fatto che il suo fucile d’assalto si è inceppato. Per commettere questo orrore, ha ordinato qualche migliaio di munizioni, una tenuta antisommossa, del gas lacrimogeno, un fucile d’assalto e uno da caccia. Si è scattato delle foto dove appariva in tribunale indossando le stesse armature come se fossero un malato trofeo, e impugnando le stesse armi con un sorriso minaccioso. Si era tinto i capelli d’arancio e si era messo degli occhiali neri; faceva facce diaboliche alla telecamera, cosa che mi ha fatto impazzire solo a guardarlo. Prima di guidare fino al cinema con tutto l’armamentario nella macchina, ha riempito di trappole il suo intero appartamento, in modo che esplodesse se qualcuno avesse aperto la porta. Poi, una volta sul posto, ha finto di essere un cliente, tanto che ha anche comprato un biglietto per la Sala 8; ma visto che la 9 aveva più gente, si è confuso tra la folla ed è entrato là dentro. Era nelle prime file frontali. Devo essergli passata di fronte molte volte nell’atrio, mentre era lì. Forse mi ha anche visto. A un certo punto del film si è alzato ed è uscito dalla porta laterale (che per qualche ragione non era allarmata), tenendola aperta con qualcosa, è tornato alla sua macchina per prendere l’armatura e le armi. Poi, è tornato indietro e ha iniziato a sparare. Quando siamo scappati, siamo passati dietro la sua macchina bianca che era parcheggiato proprio davanti all’uscita. Non l’avevamo neanche notata. È venuto fuori e ci ha visti. Non so cosa lo abbia persuaso a non sparare alla gente che stava all’esterno, ma avrebbe potuto finirci in un istante, se avesse voluto.

Penso che la cosa più difficile, per me, sia stata trovarmi faccia a faccia con questo deviato in tribunale. Non mi dimenticherò mai di come mi sono alzata quando hanno chiamato il mio nome, di come ho camminato verso il centro della stanza davanti alla mia famiglia, agli altri superstiti e al gruppo dei giornalisti. Mi sono seduta di fronte a lui, forse a soli tre metri di distanza. L’arancione dei capelli era sbiadito, ma indossava gli stessi occhiali neri. Stargli così vicino è stata una spaventosa e sconfortante esperienza. Come potrò mai dimenticare i miei incontri con quest’uomo? Ora posso dire di essermi misurata faccia a faccia con un vero psicopatico degenerato. Aveva uno sguardo vacuo per tutto il tempo. Se gli occhi sono lo specchio dell’anima, allora la sua era riempita da nulla se non una fredda indifferenza per tutte le persone che aveva ucciso o ferito. Non mi ha neppure guardata. Ha provato a prendersi la mia vita, ma fortunatamente ha fallito. È un uomo che dovrebbe spendere il resto della sua vita dietro le sbarre. Alla fine gli hanno dato 3318 anni di carcere per i suoi crimini.

Questo è l’uomo che ha provato ad uccidermi. L’uomo che mi ha provocato una quantità inimmaginabile di incubi e ha alimentato i fuochi della mia paranoia. L’uomo che ha ferito i miei amici e la mia famiglia, causando anni di dolori indicibili a mio marito, perché non camminerà mai più allo stesso modo. L’uomo che ha rubato l’innocenza e la gioia a una bambina di sei anni che è entrata al cinema da viva, e ne è uscita da morta. All’uomo che ha compiuto il peggior massacro nella storia del Colorado, non rincontriamoci. Mai più. Spero tu marcisca in prigione.

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